mercoledì 23 giugno 2010

“Il comitato della comunità Afghana in Italia esprime con forza la propria vibrante protesta nei confronti delle atrocità di Behsood”

Manifesto rivolto alla comunità internazionale e al governo Afghano.
Oggi noi siamo qui riuniti, per informarvi della attuale situazione della società Afghana, che, purtroppo, è stata ignorata per oltre otto anni, nonostante, giorno dopo giorno, siano aumentati i crimini, le tensioni, il terrore e le violenze.
Questo anno è l’ottavo da quando i Kochi nomadi Taliban, armati fino ai denti, hanno attaccato le pacifiche regioni centrali dell’Afghanistan, abitate degli Hazara. Da allora non si è interrotto il flusso della loro violenza, che ha portato all’uccisione di numerosi abitanti della zona, al saccheggio di gran parte dei loro beni, al rogo indiscriminato di case, moschee e scuole. Mentre venivano perpetrati crimini di tale portata, le forze dell'ordine del governo di Karzai, e il contingente internazionale di pace, di stanza in Afghanistan, non hanno messo in atto alcuna misura, per impedire che venissero reiterati. Quest'anno i Kochi hanno ripreso gli attacchi, prima, nella zona di Behsood e Damirdad e, successivamente, nelle province di Nahur e di Qarbagh. Dal 15 maggio gli attacchi hanno portato nuovi morti, nuova distruzione e nuovi sfollati, che ancora non hanno una abitazione.
Il nostro popolo, durante gli ultimi anni ha cercato di reagire con tutti i mezzi, per lo più legali e civili. Sono state convocate numerose conferenze stampa per denunciare quanto stava accadendo, hanno organizzato una marcia pacifica, per rivendicare il rispetto dei propri diritti; hanno preso contatto con le autorità governative afghane e internazionali. In particolare, sono state informate delle stragi le ambasciate dei Paesi dell'Unione Europea, degli Stati Uniti e dei Paesi che sostengono economicamente il governo autoritario di Karzai.
Non solo l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'Assistenza alla Missione in Afghanistan (UNAMA), non ha ancora condannato ufficialmente i crimini nei confronti degli Hazara, ma, addirittura, mantiene fermo il proprio appoggio al governo e ai Kochi.
È giunto il momento di riconoscere nella serie ininterrotta di attacchi alla zona di Beshod un vero e proprio genocidio, che, in nome del “pashtonismo”, punta a mettere l'Afghanistan nelle sole mani dell'etnia pashton.
Un governo, come quello Karzai, in balia delle forze più estremiste, non fa che attizzare le tensioni tra le diverse etnie presenti sul suolo afghano. Gli effetti di questa politica, che fomenta la guerra civile, sono molteplici: da una parte, ferma il processo di pace, dall'altra, rallenta anche il processo di democratizzazione del Paese.
Nel mondo d’oggi è da considerarsi finita l’epoca della volontà di potenza, della discriminazione, dell'oppressione e della violenza di una tribù sull'altra. Siamo certi che nel nostro Paese nessuna etnia accetterebbe più la discriminazione e la violenza ai danni di un altro popolo.
Perciò noi un’altra volta ancora chiediamo ai Paesi che hanno assunto il compito di contribuire alla stabilità, alla sicurezza e alla pace dell’Afghanistan (in particolare UE e USA) di uscire dalla stasi. In particolare, alla Repubblica italiana, cui è stata affidato il ruolo di garante delle riforme del sistema giudiziario afghano, chiediamo di interrompere questo silenzio di morte e di condannare i colpevoli.
Durante la guerra troppe sono state le perdite di vite umane, da una parte e dall'altra, ma molti hanno continuato a sperare che la presenza in Afghanistan delle forze internazionali di pace sarebbe riuscita a evitare almeno qualche sofferenza alle popolazioni afghane.
Nonostante l'ingente impegno finanziario di molti Stati, a nostro parere, si è trascurato di studiare la realtà attuale della società Afghana; per tanto le risorse sono state spesso impiegate malamente e attualmente il rischio è quello di vedere vanificati tanti sforzi. Bisogna che si sappia che l’Afghanistan non si riassume nel cappello di Karzai: è uno stato complesso che non si sente rappresentato da forze politiche che sostengono la violenza e il traffico di stupefacenti.
In Afghanistan, oltre alle attuali forze di governo, sono presenti degli uomini di buona volontà che hanno continuato indefessamente di contribuire alla sicurezza, alla stabilità e alla pace. Purtroppo i Paesi occidentali non li hanno, finora, riconosciuti, ma è giunto il momento di coinvolgerli nella gestione della questione afghana, per dare una svolta allo stallo attuale.
L'appello alle Nazioni Unite e agli Stati presenti sul teatro afghano è quello di non lasciare che Behsood e Bamiyan diventino un’altra Qandahar e un'altra Hilmand. Il rischio è che un’altra volta ancora l’Afghanistan trasformi nella tana del terrorismo e di Alqaeda.
Noi Hazara non abbiamo alcuna ostilità nei confronti di nessuna etnia e tribù in Afghanistan; tuttavia, se i Kochi ci opprimeranno ancora, per tutelare la nostra sopravvivenza, saremo costretti a reagire, anche violentemente, nei loro confronti.
Per evitare che il conflitto dilaghi e per risolvere il problema attuale tra Kochi Taliban e Hazara, vorremmo avanzare alcune proposte:
1- Ai kochi dovrebbe essere dato un territorio, al più presto possibile, nella zona meridionale del paese.
2- Il governo Karzai dovrebbe desistere dalla politica etnica ispirata al “pashtonismo” e rispettare la giustizia sociale e l'uguaglianza tra i cittadini.
3- I ministri interni e esterni, rei di aver aiutato i Kochi Talibani ad uccidere la gente di Behsood e Daimirdad, dovrebbero dimettersi.
4- Il governo dovrebbe pagare al più presto i danni, subiti negli ultimi sette anni dalla gente di Behsood e Daimirda.
5- L’identità e il numero esatto dei Kochi, coinvolti nelle violenze dovrebbero essere individuati e resi pubblici, mediante una commissione mista, composta da tutte le etnie dell’Afghanistan e da tutte le maggiori organizzazioni internazionali presenti, affinché le autorità li assicurino alla giustizia.
6- Tutti i documenti falsi, che sono stati dati ai Kochi, durante i governi passati e presenti, dovrebbero essere annullati.
7- Tutti i territori degli Hazara, che risultino essere stati usurpati in base a documenti canonici e legali dovrebbero essere restituiti ai loro proprietari legittimi.
8- L’uccisione degli Hazara che è avvenuta nelle varie epoche dovrebbe essere registrata nella storia e punita, mediante un tribunale internazionale.
9- I kochi devono essere disarmati, come tutti gli altri cittadini, che portano armi illegali.
10- Il rappresentante dei Kochi in parlamento, per aver diffuso idee fasciste e inneggianti all'“apartheid”, dovrebbe essere processato dalla più alta corte del paese.
11- Tutti i principi affermati della conferenza di Bonn, che purtroppo fino adesso sono rimasti solo sulla carta, dovrebbero essere messi in pratica dal governo Afghano.

Nessun commento:

Posta un commento