domenica 9 novembre 2014

Per una Consulta degli Stranieri a Cremona

I relatori dell'incontro               Photo by: A.Gardani
L’associazione Immigrati Cittadini Onlus, in collaborazione con la Consulta Immigrati di Bolzano, e con il patrocinio del Comune di Cremona, ha organizzato un incontro pubblico dal titolo “Immigrati al voto. Per una Consulta degli Stranieri a Cremona" che si è tenuto ieri sabato 8 Novembre, presso  sala Zanoni, Via del vecchio passeggio 1, Cremona.
In Europa ci sono almeno 13 i paesi in cui gli immigrati votano alle amministrative, in applicazione della Convenzione di Strasburgo, mentre in Italia ancora si discute da vent'anni una legge di riforma costituzionale dell'art. 48 e le direttive comunitarie sono ampiamente disattese.
La consulta si puo' fare laddove gli stranieri regolari superano il 10% dei residenti, come a  Cremona, città in cui gli immigrati sono ormai quasi 10.000, cioè il 14% della popolazione. 
Una consulta elettiva degli stranieri puo' partecipare alle sedute consiliari e alle commissioni, con diritto di parola in materia di governo del territorio e relative libere, con particolare attenzione per quanto riguarda la materia immigrazione.
Programma
  • Saluti istituzionali
  • La partecipazione degli stranieri alla vita pubblica locale in Europa e in Italia. Quadro comparativo
    Associazione Immigrati Cittadini
  • Art.48-bis Costituzione o democrazia diretta?
    Avvocato Gianluca Monti
  • La partecipazione popolare e gli stranieri a Cremona: politiche inclusive
    Rosita Viola - Assessore alla Trasparenza e Vivibilità Sociale, Comune di Cremona
  • La Consulta degli Immigrati, partner del Comune di Bolzano
    Paola Carbajal e Sadet Abdushi
  • I giovani, stimolo alla partecipazione delle comunità immigrate
    Jaspreet Singh, Nur Mutahari
  • Voci dalle comunità immigrate
Diversi sono stati gli interventi di approfondimento sul tema dei diritti civili e politici dei cittadini stranieri.
Il mio intervento è stato una riflessione sulla importanza che la consulta potrebbe avere per Cremona.
Credo che la consulta sia molto utile in una città come la nostra, perché, oltre a far orientamento presso immigrati e rifugiati, informa anche su quali siano i loro diritti e i loro doveri. A mio parere, essa svolge una vera e propria opera di educazione alla cittadinanza, fondamentale per creare un positivo rapporto tra gli immigrati e i rifugiati che arrivano, da una parte, e lo Stato italiano e il comune presso cui sono ospiti, dall’altra. Molti rifugiati politici (afghani e non), che sono in “Casa d’accoglienza”, ad esempio, non sanno quali siano i primi passi, per ottenere documenti necessari, come la tessera sanitaria, riguardo alla quale dico che c'è poca informazione, in particolare, su come e dove viene rilasciata. La Consulta potrà sicuramente fornire un aiuto per la risoluzione di problemi simili.
Ritengo, inoltre, che sia molto importante, sia per gli immigrati, sia per il comune, che l’intera popolazione residente (compresi, dunque, i “non-italiani”) sappia quali siano i propri diritti e i propri doveri e quali siano le opportunità, che la città offre, dal punto di vista, sia lavorativo, sia formativo, che sociale.
La Consulta aiuta la convivenza civile, perché rappresenta un'occasione di confronto democratico, che può favorire la risoluzione pacifica dei conflitti, che talvolta nascono dalla paura nei confronti di chi ci è “straniero”. In altre realtà i problemi maggiori sono stati il frutto della marginalizzazione delle minoranze che ha alimentato  l'odio nei confronti della maggioranza. Attraverso la Consulta, che offre una possibilità al dialogo, all’ascolto e alla conoscenza reciproca, pur nella diversità, si arricchisce la cultura civica di Cremona e si coltiva la sua vocazione interculturale.
In conclusione, credo che la consulta  sia un validissimo strumento per favorire la collaborazione tra il Comune e gli immigrati sulla via dell’integrazione di tutti i “cittadini”, ovvero di tutti coloro che fanno vivere la città.

venerdì 21 dicembre 2012

Afghanistan: oltre la guerra, un paese di storia e di cultura


Mercoledì 5 dicembre a Cremona presso il teatro Monteverdi si è svolta una serata di conversazioni, immagini e musica per offrire alla cittadinanza un'occasione di aggiornamento sull'attualità e la cultura afghana attraverso testimonianze dirette.
L'incontro è stato organizzato dalle associazioni “Immigrati cittadini” di S.Martino del Lago, da “Intercultura” centro locale di Cremona e dal gruppo dei ragazzi afghani e amici di Cremona, con la collaborazione del centro interculturale “Mondinsieme”del comune di Cremona, del Cisvol di Cremona e di UNHCR.

Dopo il saluto di Alfredo Gardani di “Intercultura”, di Rosanna Ciaceri di “Immigrati cittadini” e di Elena Bergamaschi di “Mondinsieme” a nome anche dell'amministrazione comunale di Cremona, Maddalena Bodini studentessa universitaria di "storia contemporanea" ha delineato il profilo dei relatori e successivamente dato la parola a ciascuno di essi.

Ha aperto l'incontro Rohullah Taqavi, che da tre anni è in Italia dove ha ottenuto lo status di rifugiato. Egli ha raccontato della sua attività sociale in campo sanitario e educativo svolta in Afghanistan. Proprio per questo con i suoi fratelli ha subito pesanti persecuzioni, ma non ha mai dimenticato questa attività e continua a seguirla a distanza e a praticarla anche nel nostro paese. Rohullah ci ha raccontato anche della passione per lo studio e la cultura dei ragazzi e delle ragazze della sua regione di provenienza, pur fra mille difficoltà e discriminazioni di cui sono oggetto a causa dell'appartenenza a un gruppo etnico o al genere femminile.

Nur Mutahari, studente e blogger, da sei anni nella nostra città, ha frequentato le scuole superiori “Ala Ponzone” e “ J.Torriani” di Cremona, dove quest'anno si è diplomato come perito in elettronica e telecomunicazioni. Egli ha accennato alle tappe del suo viaggio dall'Afghanistan all'Italia, un'esperienza che accomuna molti afghani in viaggi lunghi pericolosi e spesso tragici, ben descritti in libri di grande diffusione come “Nel mare ci sono i coccodrilli”e film”Cose di questo mondo”. Si è poi soffermato sulle difficoltà di un ragazzo arrivato in Italia solo e minorenne. Qui ha dovuto affrontare i problemi dovuti alla burocrazia, alla lingua, alla necessità di trovare con la maggiore età fonti di sostentamento mentre studiava. Ma qui ha anche potuto creare una solida rete di amicizia e reciproco aiuto che per lui sono la ricchezza degli uomini. Così, grazie alla fiducia che gli è stata concessa dalle persone, dalle istituzioni ed anche dalla sua volontà di migliorare la sua situazione, è potuto passare da una vita comunitaria regolamentata ad una vita autonoma.

Successivamente Francesca Grisot, dottore di ricerca in Lingue Culture e Società presso l'Università Ca' Foscari Venezia e docente a contratto in carica presso l'Università IUSVE, ha letto un brano tratto dal suo libro di prossima pubblicazione (Milella Edizioni), ripercorrendo la storia di persecuzione e migrazione che ha visto -e vede tuttora- protagonista il popolo Hazara in Afghanistan e nei Paesi limitrofi. Nel corso della ricerca dottorale, la studiosa si è occupata in particolare di sedicenti minorenni afghani richiedenti asilo in Europa, evidenziando come la fuga dalle persecuzioni abbia un ruolo fondamentale nell'elaborazione di politiche identitarie e di resistenza proprie della minoranza hazara. Come forma di resistenza alle discriminazioni subite per generazioni, infatti, gli Hazara hanno sviluppato una strategia di riscatto che passa attraverso l'istruzione, il riconoscimento del ruolo della donna nella società e la sempre più forte consapevolezza della propria identità culturale.

L'intervento di Adelaide Zambusi, esperta in diritto internazionale e coordinatrice F2F UNHCR Nord Italia, ha presentato e promosso le iniziative dell'Agenzia dell'ONU per i rifugiati. Ha ricordato quanto siano imponenti i movimenti migratori causati da guerre e persecuzioni, di quanta sofferenza essi generano e di come UNHCR sia impegnata sul territorio afgano dal supporto in emergenza all’attuazione delle soluzioni durevoli. Proprio in Afghanistan UNHCR ha condotto la più grande operazione di rimpatrio volontario.

Basir Ahang - giornalista e rifugiato politico in Italia dal 2008 che scrive in persiano per la BBC e in inglese e italiano per vari siti che si occupano di diritti umani - insieme a Amin Wahidi - regista cinematografico e autore di vari cortometraggi, nato a Kabul ma ora residente a Milano - attraverso immagini e video hanno sintetizzato la storia degli ultimi trent'anni in Afghanistan, dall'invasione russa all'attuale presenza delle forze militari internazionali, e hanno prefigurato scenari futuri in relazione alla situazione che il paese affronterà con il disimpegno delle forze internazionali nel 2014.

Amin Wahidi ha poi presentato il suo cortometraggio dal titolo ''Tresure in the Ruins'' in cui racconta dello stato di abbandono, della sofferenza e della volontà di sopravvivenza di bambini orfani di Kabul, che possano molto tempo dei loro giorni tra le rovine della città in cerca di oggetti e di ricordi.

In conclusione Rohullah Taqavi per il pubblico che ha seguito con attenzione e empatia l'intera serata, ha suonato alcuni motivi afgani con il suo ''dambura'', strumento tradizionale a due corde che si è autocostruito in Italia.

Purtroppo a causa della densità del programma è mancato il tempo per approfondire la discussione e rispondere, se non a qualche domanda del pubblico. Ma il gruppo dei ragazzi afghanistani e amici di Cremona si propone di mantenere i contatti con quanti sono intervenuti e si vogliono interessare dall'Afghanistan in termini di storia, cultura e solidarietà e di preparare nuove occasioni di incontro.


martedì 27 novembre 2012

Afghanistan: oltre la guerra, un paese di storia e cultura

Relatori:
  • Basir Ahang – giornalista, ha ventotto anni, è arrivato dall’Afghanistan come rifugiato politico nel 2008, vive a Padova dove frequenta la Facoltà di Scienze Politiche e scrive regolarmente in persiano per la BBC e per altri siti che si occupano di diritti umani. Nel 2003 partecipa a Kabul a un corso di giornalismo promosso dall’Associazione no profit Internews Europe e nel 2008 si laurea in letteratura persiana all’università di Kabul ma subito dopo deve lasciare il suo paese per le gravi minacce subite. Da allora testimonia l’oscurità nella quale è finito il suo Paese attraverso articoli, interviste e  conferenze per le quali è chiamato in tutta Europa (www.basirahang.org e www.hazarapeople.com);
  • Francesca Grisot - antropologa, ha studiato e lavora presso l’università Ca’ Foscari di Venezia, parla la lingua persiana, è mediatore culturale e ha seguito molti casi di minorenni afghani richiedenti asilo;
  • Amin Wahidi - regista cinematografico, nato a Kabul, vive e studia Cinematografia a Milano, ha prodotto e girato cortometraggi a Kabul e a Milano (Treasure In The Ruins), oltre al dari e all’inglese, parla e scrive poesie in italiano;
  • Adelaide Zambusi – coordinatrice UNHCR nel Nord Italia, manager assistente presso No Peace without Justice, praticante avvocato, master in European Pubblic Affairs, ha maturato esperienza giuridica nel diritto comunitario e internazionale;
  • Nur Mutahari - studente e blogger afghano, diplomato in perito elettronica e telecomunicazioni presso l'I.I.S"J.Torriani" di Cremona;
  • Rohullah Taqavi, rifugiato afghano in Italia del 2009, fa esperienze in campo sociale e suona il "dambura".
Questa serata è stata organizzata con il supporto dalle associazioni Intercultura, Cisvol, Immigrati cittadini e dei ragazzi afghani presenti a Cremona.
Obiettivo fondamentale di questa serata è quello di creare uno spazio di dialogo e confronto che coinvolga giornalisti, fotografi, registi e testimoni della cultura, politica e società afghana e i cittadini che desidereranno prenderne parte, per poter creare uno spazio di discussione ed approfondimento su aspetti meno noti della cultura di questo paese come il cinema, l’arte e la fotografia. Le immagini e il dibattito offriranno inoltre lo spazio per poter interrogarsi assieme sui progressi fino ad ora raggiunti, sui rapporti tra Afghanistan e Italia, nonché il futuro che attende la popolazione dopo il 2014, anno ufficiale di uscita delle forze internazionali dal Paese.


venerdì 27 luglio 2012

Giovanni Pascoli e Khalilullah Khalili Confronto tra due poeti

   Giovanni Pascoli

( S.Mauro di Romagna 1855-Bologna 1912).
Pascoli sicuramente è stato un grande poeta e uomo di cultura, con una profonda conoscenza dei classici greci e latini. Ma nei suoi versi esprime i sentimenti più profondi attraverso un linguaggio semplice e musicale, attraverso immagini campestri e i suoni della natura. Per questo la sua poetica è detta “del fanciullino”. Secondo Pascoli in ogni uomo c'è un “fanciullino” capace di commuoversi e di sperimentare ogni giorno sensazioni ed emozioni nuove. Spesso tale “fanciullino” è soffocato e ignorato del mondo esterno, degli adulti, ma se si risveglia fa “sognare” a occhi aperti, fa “scoprire” il lato attraente e misterioso di ogni cosa, fa “volare” con la fantasia in mondi meravigliosi.
Durante l'ultima anno di scuola lo studio di Pascoli e di alcune sue opere mi ha ricordato alcuni aspetti culturali del mio paese, l’Afghanistan. Qui la poesia e i poeti sono tenuti in grande considerazione, le composizioni poetiche vengono tramandate non solo attraverso i libri scritti ma anche mediante la recitazione a memoria.
Uno dei poeti Afghani quasi contemporaneo a Pascoli è Khalilullah Khalili. Nonostante la diversità culturali sembra incredibile come i due poeti abbiano avuto delle vicende simili: se esaminiamo le loro biografie vediamo che entrambi persi i genitori da piccoli, entrambi hanno studiato e amato i poeti classici, nel caso di Pascoli i classici greci e latini; per Khalili i classici persiani. Entrambi sono stati dei professori universitari, il primo con un corso regolare di studi e di insegnamento, il secondo come autodidatta e grande passione per la cultura.
I padri di entrambi vengono assassinati, questo che li fa soffrire molto e segna la loro vita.
Pascoli ricorda nella poesia X Agosto, il giorno di S.Lorenzo e delle stelle cadenti, il tragico assassinio del padre Ruggero, il tema principale sono “le stelle cadenti, come messaggio di sofferenza della natura, e il dolore di una morte incomprensibile e ingiusta”.
Ma ci sono anche delle diversità tra i due poeti: Pascoli, dopo una breve esperienza di partecipazione politica in gioventù, visse isolato, mentre Khalili fu sempre uomo politico, ambasciatore e consigliere del re, conobbe successi e onori, ma anche la sconfitta della sua parte, l’amarezza e la morte in esilio.
La vita di Pascoli trascorre tra eventi quasi solo interiori, mentre quella di Khalili è piena di colpi di scena.
Quello che accomuna di più i due poeti sono l’amore per la poesia e la volontà di condividere sofferenze personali e amore per la propria terra.
Questo significa che la poesia può avvicinare i popoli di diversi culture, e creare legami di solidarietà e convivenza. Sono belle tutte le culture!.
Qui sotto ho riportato la poesia X agosto di Pascoli, una poesia di Khalili in persiano tradotta in Italiano da me.

X AGOSTO

San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.


Ritornava una rondine al tetto :
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.


Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.


Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono ;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.


Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.


E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!



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     Khalilullah Khalili  (Afghano  خلیل‌الله خلیلی)
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( Kabul 1907 - Islamabad 1987 ).
Fu uno dei più famosi poeti Afghani del XX secolo, ma anche apprezzato storico, professore
universitario, diplomatico e consigliere del re.
Fu l’ultimo dei grandi poeti classici persiani e tra i primi ad introdurre in Afghanistan la poesia
persiana moderna e lo stile di Nima. Fu uno dei pochissimo poeti afgani apprezzato in Iran dove furono pubblicate raccolte dei suoi versi. Pubblicò cinquanta opere di poesia, narrativa, storia e studi sul misticismo Sufi.
Molti lo considerano il più grande poeta afghano contemporaneo in lingua persiana.
I grandi poeti parlano un linguaggio universale. Le loro parole risuonano al di là di specificità di tempo e spazio. Eppure i giorni della loro vita, come per tutti noi, si svolgono in tre dimensioni: cultura, eventi storici e sensibilità personale.
Per Khalilullah Khalili questo gioco è determinato da profonde correnti trasversali: prima di tutto la cultura della lingua persiana (oggi Dari e Farsi), venerabile e ricca di musicalità, che pone in primo piano la poesia tra tutte le forme d'arte. In nessun luogo sulla terra i poeti sono più onorati.
Ma Khalili vive le circostanze storiche e le turbolenze del 20 ° secolo, la lotta in Afghanistan per la auto definizione e determinazione che hanno cambiato la vita per tutti gli afghani, compresi Khalili, con una serie imprevedibile di sbalzi di fortuna, assassinii, cambiamenti di regime, l'emigrazione di massa, devastazione totale: sono questi i caposaldi per leggere la sua vita.


بهار هفتم عمرم نگشته بود پدید 
که رفت از سر من مادر ملک سیرم

هنوز گرم بود جای بوسه‌ا‌ی که زلطف 
نهاده مادر مشفق به روی چشم و سرم

جبین عجز سرشتم رهین منت اوست 
اگر به خاک نشینم وگر به چرخ پرم

به سال یازدهم شد مرا شهید پدر 
پدر که بود به صد افتخار تاج سرم

یتیم کرد مرا این سپهر مردم کش 
.
اسیر و بی کس و بی خانمان و در بدرم


Non era ancora arrivata la primavera del mio settimo anno
Che un angelo, mia madre mi lasciò

Il bacio affettuoso che mia madre pose sugli occhi e sul viso
Conservava ancora intatto il suo calore

Se questa mia debole anima ancora esiste,
si innalzi essa al cielo o rimanga stesa sulla nuda terra
anche questo lo devo a lei

Ad undici anni anche mio padre se ne andò
Lui che era per me come cento glorie
e corona sul mio capo 

Questa natura assassina mi ha reso orfano,
Mi ha reso schiavo, perduto e senza affetti.

Tradotta da Nur nel Giugno 2012

domenica 10 luglio 2011

Una manifestazione pacifica contro i crimini commessi contro l'umanità.

Un centinaio di ragazzi Afghani dell'etnia Hazara insieme ad alcuni cittadini italiani hanno manifestato pacificamente a Milano, condannando i brutali attacchi dei kuchi (nomadi) Talebani nell’area Hazara di Nahur in provincia di Ghazni, a Behsud e nella provincia di Maidan.
La manifestazione, tenutasi a Milano in piazza duca d'Aosta sabato 9 luglio, ha avuto inizio alle ore 16 ed è finita alle 19.
la manifestazione si è tenuta anche in Australia,nei Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Canada .
Gli slogan sono stati scanditi in tre lingue: Farsi (Dari), Italiano e Inglese.
I dimostranti urlavano:
”Si alla pace No ai Talibani in Afghanistan”
“Fermiamo il genocidio degli Hazara”
“Stop killing Hazara”
“Vogliamo Pace”
“Vogliamo democrazia, giustizia e libertà in Afghanistan”
“Basta la guerra in Afghanistan”
“I Kuchi devono essere disarmati al più presto”
“Il nomadismo dei Kuchi e nemico della civilizzazione”

Gli Hazara sono uno delle etnie principale dell'Afghanistan che forma più o meno il 25% della popolazione, di confessione sciita e per questo da secoli perseguitati e massacrati.
E’ difficile crederlo, ma sono quasi 150 anni che questa popolazione, vive in un regime se non di aperta persecuzione, almeno di emarginazione. I problemi infatti non risalgono soltanto al periodo della pulizia etnica tentata dal regime talebano tra il 1997 e il 2001, ma già al secolo XIX.
I dimostranti chiedevano alla comunità internazionale, al governo e ai funzionari italiani di interrompere il loro silenzio, di fermare questi crimini e le violenze, poichè il loro compito in Afghanistan è quello di fermare le violenze e i crimini e non di appoggiare il governo corrotto di Karzai, e di portare pace democrazia e libertà in questo paese.
Come hanno affermato i manifestanti, Karzai stesso in questi ultimi anni, non ha fatto altro che supportare i kuchi in virtù della loro comune etnia.
Li ha mandati nelle aree abitate dagli Hazara al fine di mettere gli abitanti sotto pressione e fermare così il processo di democratizzazione da loro stessi messo in atto. Per questo motivo i manifestanti considerano il governo Afghano complice del fondamentalismo, del razzismo e del terrorismo in Afghanistan, e contro tutto questo i manifestanti hanno mostrato la loro indignazione a questi sanguinosi attacchi.
Gli Hazara rappresentano l’unico muro contro l’estremismo e il fondamentalismo in Afghanistan ed è per questo motivo che necessitano del supporto della Comunità Internazionale. E' da tempo che i nomadi Kuchi Talibani, armati fino ai denti, ogni primavera invadono e attaccano i vari villaggi abitai degli Hazara, saccheggiando le loro proprità, bruciandone le case ed uccidendo donne e bambini: la situazione è diventata molto più grave da quando i Talibani si sono uniti a loro.
Il governo Afghano di fronte a tutti questi crimini rimane in silenzio appoggiando e fornendo loro degli armamenti pesanti. Da quando Karzai ha intrapreso un dialogo, diretto ed indiretto, coi Talibani, e ha promosso un processo di riconciliazione per farli ritornare al potere, nonostante tutti i crimini che hanno commesso contro l'umanità, ogni giorno che passa c'è l’incubo del ritorno dei talebani e la paura del grande terrore sempre crescente, perchè i talebani sono contro ogni forma di democrazia e la popolazione conosce ciò che che sta accadendo e ciò che accadrà quando saranno loro nuovamente al potere.
I manifestanti hanno espresso che il silenzio del Presidente Karzai e delle forze internazionale, secondo loro, è inquietante, come inquietante è stata la risposta dell'ambasciata statunitense in Afghanistan, che ha definito questo fatto drammatico, una disputa tra popolo Hazara e Kochi. Se il massacro di una popolazione disarmata da parte di un gruppo di terroristi si può definire disputa, allora dobbiamo rivedere l'intero significato delle parole. Chiamiamo questi eventi con il loro nome: genocidio e pulizia etnica.
I dimostranti hanno inoltre condannato la legge che impedisce ai talebani di essere perseguiti e puniti in quanto criminali di guerra, perdonando i terroristi e offrendogli questi privilegi il numero dei gruppi terroristici aumenterà e questi porteranno ancora una volta il paese verso la guerra civile come quella del 1990.
Per conoscere chi sono i kuchi nomadi Talibani dobbiamo far ritorno al 1880, all'epoca del re Abdul Rahman Khan, che prese il potere e lo esercitò in maniera assoluta, pretendendo di governare il paese come un tiranno.
Ma gli Hazara si opposero ai suoi piani quando lui emanò una fatwa (legge) cion la quale dichiarò che gli Hazara non sono mussulmani veri poichè sono musulmani sciiti anziché sunniti: così ordinò un massacro che portò ad una vera e propria pulizia etnica. Nell'arco di un decennio circa il 62%  della popolazione Hazara fu eliminata. Per i pochi superstiti rimasti il re emanò un'altra fatwa in cui veniva dichiarato che gli Hazara sarebbero dovuti rimanere schiavi e li privò dei diritti essenziali incluso lo studio. Per evitare che gli hazara si potessero riorganizzare e ribellare nei confronti delle sue leggi formò il gruppo dei kuchi nomadi Pashton ai quali diede armi ed ordinò loro di attaccare i villaggi degli Hazara per distruggerne l’agricolutra e privarli così dei mezzi di sussistenza al fine di cacciarli definitivamente dall’Afghanistan.
Le persone che hanno partecipato alla manifestazione di Milano portavano striscioni e diverse fotografie, come quella di Jawad Zuhak, il popolare capo del consiglio provinciale di Bamyan, rapito e ucciso nel giugno di quest'anno dai talebani. I dimostranti hanno chiesto giustizia ed un processo per gli assassini di Jawad Zuhak. I dimostranti hanno ribadito che il loro desiderio è sempre stato che in Afghanistan ci fosse la pace e che tutta la popolazione di questa terra potesse essere uguale di fronte alla legge senza nessuna distinzione etnica.
Gli Hazara hanno sempre creduto nella pace e nella democrazia e nel progresso attraverso forme di fratellanza tra le varie etnie del paese ed una positiva e libera competizione per portare l’Afghanistan verso la strada dello sviluppo, ma sono sempre stati minacciati dai fondamentalisti e dagli estremisti che hanno ucciso molti di loro.
Alla fine i dimostranti hanno rivolto un messaggio alla comunità internazionale per fare pressione sul governo di Karzai, per fermare questi crimini, e soprattutto al popolo e governo italiano perchè mantenga la sua promessa, fatta durante la conferenza di Roma nel 2007 sull'Afghanistan, nella quale l'Italia si impegnava per migliorare il sistema giudiziario afghano e promuovere lo stato di diritto in Afghanistan.







domenica 5 giugno 2011

AFGHANISTAN: geografia, storia, problemi politici e sociali

L’Afghanistan è un paese montuoso situato nell’Asia centrale, la cui rilevanza geopolitica all’interno del continente asiatico si è storicamente palesata.
Esso occupa una superficie di 652 255 chilometri quadrati, con una popolazione di 32 milioni di persone e può a ragione esser definito un paese multietnico. Tale composizione multietnica è stata fonte di arricchimento culturale ma anche di problematiche concernenti la vita politica del Paese. Sono state proprio
le divisioni etniche, infatti, a corroborare il controllo delle superpotenze orientali –occidentali e a consentir loro l’instaurazione di governi autonomi.
In molteplici occasioni, inoltre, sono state le stesse superpotenze a fomentare conflitti tra etnie che avevano precedentemente trovato un modo di vivere pacificamente insieme.
Ogni fase della storia dell’Afghanistan è costellata di drammatici episodi come questo, gli interventi stranieri, infatti, hanno da sempre utilizzato le differenze etniche e religiose per scopi politici e strategici, giungendo talvolta a drammatici episodi di pulizia etnica.
Fino al 1747 l’Afghanistan era chiamato “Khorasan”, ma in quell’anno Ahmad Shah Durani dopo aver preso il potere decise di conferire al paese il nome della propria etnia.
Lingue ed etnie
In Afghanistan esistono circa 10 lingue con 31 differenti pronunce tra quelle
finora conosciute. Le più importanti sono: Farsi, Pashtu, Uzbeko, Turkmeno, Nuristano, Beluci e Pashaie.
I principali gruppi etnici, invece, sono i Pashtun, i Tajiki, gli Hazara e gli Uzbeki.
I Pashtun costituiscono il 36 % della popolazione, vivono in prevalenza al sud, parlano la lingua Pashtu e dal punto di vista religioso sono storicamente musulmani sunniti.
Essi mantengono il potere dal 1747 e in determinati periodi storici i loro maggiori esponenti hanno tentato di modificare o cancellare i diritti principali di chi non appartiene alla loro etnia. Per questo motivo in disparate occasioni le altre etnie, combatterono contro i Pashtun affrontando penose persecuzioni a sfondo razziale e tragiche uccisioni, al solo scopo di difendere la propria esistenza ed identità culturale.
Una parte dei Pashtun vive tuttora di nomadismo: ogni anno, con i primi caldi, all’inizio della primavera migrano dal sud verso le zone più verdi del nord dell’Afghanistan, attraversando con carri e greggi proprietà private e calpestando prepotentemente le terre coltivate dalle popolazioni stanziali.
Per questo motivo essi suscitano spesse volte, disagi e contese, che sfociano talvolta in macabri massacri.
Per i Pashtun nomadi, l’istruzione e l’educazione non sono rilevanti, mentre lo è invece per la popolazione residente nelle città.
Proprio a causa di tale noncuranza, nelle regioni da essi popolati anche i capi, gli ufficiali e i rappresentanti del governo sono in gran parte analfabeti.
I Tajiki vivono nelle regioni settentrionali dell’Afghanistan e costituiscono circa il 24% della popolazione. In passato i Tajiki come gli Hazara e gli Uzbeki sono stati perseguitati e discriminati per motivi razziali. Durante il primo governo di
Zaher Shah, la popolazione appartenente a quest’etnia è stata interamente deportata in alcune zone delle Regioni di Takhar e Kundez, affinché le loro terre potessero esser cedute ai Pashtun. I Tajiki discendono dagli Ariyan e sono di religione sunnita, la stessa dell’etnia Pashtun, particolare questo, che ha consentito loro di sopravvivere in molteplici occasioni.
Gli Hazara abitano nella regione centrale dell’Afghanistan e rappresentano più del 25% della popolazione, hanno caratteristiche somatiche affini ai popoli dell’Asia centrale. Alcuni storici sostengono che essi discendano direttamente dall’esercito di Gengis Khan. Quest’interpretazione della storia tuttavia è errata, in quanto gli Hazara vivevano in Afghanistan prima della conquista da parte dei Mongoli, anche se non vi è dubbio che essi abbiano tratti somatici somiglianti a quelli dei Mongoli, come del resto, molti abitanti dell’Asia centrale. Attaccati dai Mongoli, gli Hazara combatterono valorosamente, ma una volta sconfitti, nella loro regione rimase parte dell’esercito di Gengis Khan e ciò portò nel tempo alla compresenza e successiva mescolanza di vinti e vincitori.
In tempi antichi gli Hazara ebbero un governo indipendente e una dinastia di imperatori chiamati Sherane Bamiyan, la cui capitale era Welloyat Bamiyan. Prima della conquista araba dell’Afghanistan e dell’arrivo della religione islamica, questo popolo era di fede zoroastriana e successivamente buddista come testimoniavano le statue di Bamiyan distrutte dai Talebani nel 2001. Queste due grandi statue rupestri, una maschile alta 54 metri chiamata Salsal e l’altra femminile alta 36 metri, erano riconosciute tra le opere artistiche più importanti e rappresentative dell’identità culturale degli Hazara, nonché appartenenti all’eredità culturale umana.
In diverse occasioni, gli Hazara, sono stati oggetto di persecuzioni e massacrati dagli stessi loro governanti. Nel 1832, ad esempio, Abdurrahman Khan uccise il 62% degli Hazara ed anche nel periodo del regime talebano avvennero stragi nelle città di Bamiyan, Mazari Sharif, Ghazni e Kabul.
Tali nefandezze necessitano di rimanere nella storia con il loro nome: pulizia etnica e genocidio.
Gli Uzbeki discendono dalle tribù che nel VII secolo arrivarono in Afghanistan dalla Turchia, dall’ Azerbaijan e dall’Uzbekistan, ma col trascorrere del tempo essi vissero a fianco degli Hazara e stabilirono con loro buone relazioni sociali. Gli Uzbeki vivono nelle regioni settentrionali e presso i confini dei paesi dell’Asia centrale, parlano la lingua uzbeka (somigliante al turco) e costituiscono il 10% della popolazione dell’intero paese. Gli Uzbeki come gli Hazara e i Tajiki dopo la presa di potere da parte dei pashtun nel 1747, vivono come uomini di seconda categoria, senza aver mai potuto godere appieno dei diritti politici e sociali. Anche questo è uno dei fattori che tuttora alimentano la guerra nel paese, i gruppi etnici minoritari infatti, si sentono oppressi e aspirano a diventare cittadini afghani a pieni diritti, mentre il gruppo dominante cerca di mantenere per sé privilegi ereditati dai loro padri.
Divisione amministrativa dell’Afghanistan
Dal punto di vista amministrativo, l’Afghanistan è diviso in 34 regioni, chiamate “welloyat”. Anche tale divisione comporta discriminazioni, nella costituzione afghana infatti, le divisioni amministrative sono basate sul numero di abitanti, tuttavia, mentre le regioni del sud poco popolose sono abitate dai Pashtun, le altre hanno il doppio degli abitanti.

domenica 20 marzo 2011

Che cosa è il Nawrooz?


La parola di Nawrooz in( Persiano نوروز) è composta da due parole separate, Naw nuovo e Rooz giorno, quindi il Nawrooz letteralmente significa il Nuovo Giorno. Si riferisce al festival che celebra l'avvento della nuova stagione di primavera o l'anno nuovo. E 'stato celebrato in Khorasan fin dai tempi antichi. Anche se, profondamente radicati nelle tradizioni pre-zoroastriano di ariani, la celebrazione Nawrooz è comunemente creduto di essere attaccato alla fede zoroastriana.
Stando ai fatti archeologici, il territorio a sud del fiume Oxus è stato abitato da grande gruppo di persone per almeno cinque mila anni. Queste persone sono noti per essere i primi coloni che hanno formato le comunità e ha stabilito la città più antica del mondo, la città di Balkh che oggi si trova in Afghanistan. Vivevano in fortificata città murata con fiorente vita sociale, costumi e tradizioni. La loro occupazione principale era l'agricoltura e l'allevamento del bestiame. Questa regione ha una specifica molto distinto quattro stagioni. Primavera, estate, autunno e inverno. La primavera, dopo una dura tre mesi dell'inverno, era un segno di benvenuto e un periodo di diventare attivi in agricoltura e altri aspetti della vita. Pertanto, i nostri antenati stavano celebrando l'avvento della primavera, come simbolo di rinascita e di sollievo dalla durezza dell'inverno.
La venuta di Zoroastro ha aggiunto una nuova dimensione a questa tradizione già vecchio. Secondo fonti religiose, Zoroastro è nato in primavera quando la neve scongelata, piogge è venuto, le acque fluivano, alberi fioriti e piante crescevano. Così l'antica tradizione Nawrooz coincide anche con la nascita del grande profeta. Zardusht o Zoroastro era un tagiko e il figlio delle stesse persone che hanno festeggiato il nuovo anno per un lungo periodo. Zoroastro è nato nella città di Balkh limitato. Il suo insegnamento, molti storici ritengono, ha avuto influenze dirette o indirette per lo sviluppo di tre religioni, ebraismo, cristianesimo e Islam. Zoroastro fu il fondatore di questa grande religione monoteista del mondo antico che è diventato famoso dopo che il suo nome Zardushti o Zoroastro.
In tutto zoroastriani che ha prodotto la vita, protetto e arricchito era considerata buona. Ogni fenomeno naturale che è stato benefico per l'uomo come il sole, terra, acqua, cielo, gli animali, le piante erano tutte buone. Così avrebbe celebrato l'arrivo della primavera in tale spirito di festa e di gioia. La primavera nella cultura persiana(Afghana, Iraniana)è sempre stata considerata come un momento di cambiamento e di rinnovamento, un tempo per la rinascita della vita in un ciclo continuo di fine e rinascita.
Il nostro popolo ha celebrato Nawrooz per migliaia di anni. Durante il corso del tempo queste celebrazioni erano a volte molto elaborati che estende a giorni con feste numerose e talvolta non così elaborati. Tuttavia, queste celebrazioni attraverso i secoli hanno caratteristiche più comune che differenze. Nawrooz è sempre stato un momento di felicità, gioia e solidarietà con le famiglie, i parenti e la comunità. E 'un momento per la musica, la danza, la gioia e la felicità.
Prima dell'arrivo di Nawrooz, la gente farebbe nuovi vestiti, pulire e riordinare la casa e fare un tipo di bevanda, mettendo diversi frutta secca in acqua per pochi giorni. Hanno anche germogliare le piante in vaso speciale a partire da sementi di frumento. Questa pianta è usata per fare un piatto chiamato Samanak. La preparazione di questo piatto speciale ha bisogno di lunghe ore e fornire l'occasione per alcuni momenti gioiosi dove le signore trascorrerono del tempo insieme cottura, il canto e solo essere felice. La notte del Nawrooz tra molti piatti, Halva ,Sabzi Chalow (vegetali verdi e riso bianco) è tradizionalmente comune.
Nawrooz è anche un momento di incontro e di parenti di altre persone e di riparazione e di rinnovare i rapporti spezzati. Il popolo Nawrooz congratularsi a vicenda con le parole, Nawrooz-e-tan Mubarak (happy Nawrooz) o Sal-e-Naw-e-tan Mubarak (felice anno nuovo), (Eide-Tan Mubarak)(felice nuovo anno a te);Nwrooze-tan pirooz:(auguri di un prospero anno nuovo), si stringono la mano e si abbracciano. Intorno al periodo di Nawrooz, le famiglie vanno a rendere omaggio ai loro cari che non sono più tra di loro e pregare per loro. Inoltre, si recano al santuario di religiosi e di ogni accendere una candela, in uno scaffale speciale scavata nel muro, in loro onore.
Nella città di Balkh il Mayl e-Gul-e-Surkh (Fiore Rosso Pic-nic) è un occasione importante per la celebrazione della Nawrooz. Durante Nawrooz tulipani selvatici rosso che rendono le scene abbastanza irresistibile che coprono le pianure settentrionali del nostro paese. Le persone tendono a trascorrere il tempo nella natura e godere della bellezza naturale della loro città. Un'altra festa incredibile Nawrooz è l'innalzamento della bandiera sulla tomba presunta di Ali, cugino e genero del profeta Maometto. Il 21 marzo, un banner è sollevata sulla sua tomba per annunciare l'inizio della primavera e la venuta del nuovo anno. La posizione tomba di Ali a Balkh è soggetto a speculazione e non vi è alcuna prova che egli sia effettivamente sepolto lì. Al contrario ci sono voci che in realtà era un tempio zoroastriano o qualche luogo importante per zoroastriani forse anche il luogo di sepoltura di Zoroastro stesso. Quindi, per evitare la sua distruzione in mano degli arabi che passò come la tomba di Ali. E 'piuttosto un argomento di sua iniziativa. In quale misura è vero deve ancora essere scoperto.
L'avvento dell'Islam e occupazione araba hanno profondamente colpito tutti facciate dei paesi conquistati. Molte nazioni hanno ceduto a questa occupazione araba e influenze. Nel tempo queste influenze arabe erano tanto che le nazioni occupate divenne arabi e sono diventati noti come le nazioni arabe. Egitto, Siria e Iraq non erano in origine gli arabi, ma i nomadi dei deserti arabi completamente distrutto le loro culture e lingue. Fortunatamente, la nostra grande nazione resiliente sopravvissuto alla prova del tempo e conservato i loro costumi amati e tradizione. In caso contrario, ci sarebbe ora un altro nel gruppo "arabo". Nawrooz troppo è stata oggetto di brutale repressione arabi, ma è sopravvissuto. Noi dobbiamo la nostra identità, la nostra cultura e le tradizioni per i nostri antenati resiliente. Ora è nostra responsabilità di preservare la nostra tradizione e la passano le generazioni future.