martedì 28 settembre 2010

Lettera aperta dal popolo degli Hazara di tutto il mondo alle organizzazioni per i diritti umani, alle autorità internazionali e alle personalità note

La storia è testimone dei crimini contro l’umanità, come persecuzioni e discriminazioni contro credi, razze e lingue che hanno condotto a diverse forme di umana sofferenza. Massacri di massa, pulizia etnica, schiavitù, migrazioni forzate e discriminazione sono le forme più comuni di questi crimini che sono stati commessi dai governi o dai loro equivalenti.
I fattori preventivi più importanti contro i crimini verso i diritti umani presenti e futuri sono l’analisi e l’identificazione dei crimini passati.
Con il passare del tempo i crimini contro l’umanità sono stati analizzati e i governi, le organizzazioni umanitarie e le persone tutte hanno adottato le necessarie misure di riparazione.
Ogni qual volta abbiamo girato pagina verso i crimini contro l’umanità si è visto che l’esperienza e la memoria del dolore dati da questi crimini si è ridotta o è stata rimossa dalla vita degli esseri umani e compensata con scuse, restituzione delle proprietà e solo in ultimo con la condanna di questi crimini.
Le scuse del governo tedesco per i crimini dei nazisti, il processo dei presidenti delle Repubbliche serbe e croate alla Hague International Court ed infine le scuse da parte dei mussulmani e dei serbi sono buoni esempi.
Sorprendentemente i crimini contro l’umanità commessi dal governo afgano sono caratterizzati dal silenzio della comunità internazionale e dei mass media internazionali. Per questo tali crimini stanno continuando.
Il popolo Hazara è perseguitato da più di un secolo. Sin dall’attivazione delle organizzazioni internazionali per i diritti umani in Afghanistan alcuni di questi crimini sono stati documentati come i continui massacri degli Hazara in Afshar durante il controllo dei Mujahedeeh in Kabul e le uccisioni di massa in Mazar-e Sharif, Bamyian e Yakawlang durante il controllo Talebano.
Mandare le armate di nomadi Kuchi nelle regioni dove vivono le popolazioni Hazara è stato il metodo più utilizzato dai governi afgani negli ultimi anni per sottoporre le popolazioni Hazara sotto una pressione maggiore ed è stato utilizzato ancora dal regime di Karzai.
Ci sono alcuni gruppi nel governo di Karzai che sono coinvolti nelle migrazioni forzate, uccisioni e crimini contro l’umanità effettuati nei mesi passati, mandando Talebani sotto il nome di nomadi Kochi a in Mazar-e Sharif, Bamyian e Yakawlang .
Attualmente questi crimini sono stati commessi anche a Kabul, la capitale dell’Afghanistan, e il governo sta incitando il popolo a commettere violenza gli uni contro gli altri. Il diretto coinvolgimento dei membri del governo dell’Afghanistan è dimostrato dall’insediamento dei nomadi Kochi nelle regioni degli Hazara. Inoltre la posizione unilaterale dell’informazione governativa e a loro propaganda mostrano che il governo afgano è dietro tutti questi crimini organizzati.
Come firmatari di questa lettera noi chiediamo alla comunità internazionale, alle istituzioni e soprattutto alle organizzazioni umanitarie la condanna di questi crimini storici e anche di quei crimini contro gli Hazara che stanno ancora accadendo sotto il regime di Karzai.
Noi chiediamo al governo afgano di aumentare e applicare le norme sui diritti umani accettati dalla comunità internazionale. Nei casi di violazione delle leggi sui diritti umani da parte del governo afgano dovrebbe essere richiesto di intraprendere azioni adatte a fermare tali crimini in Afghanistan.
Come firmatari di questa lettera per risolvere gli attuali problemi con i Kochi/Talebani noi raccomandiamo quanto segue:
1.Le Nazioni Unite dovrebbero inviare speciali rappresentanti per aiutare a risolvere i problemi. Il governo afgano manca della capacità e della volontà di risolvere questo problema. E’ diventato un grande disastro umanitario che ha bisogno dell’intervento delle istituzioni internazionali. Domandiamo alle organizzazioni internazionali come, Human Rights Watch, Amnesty International e l’UN Human Council, di prendere decisioni appropriate.
2.I documenti che mostrano la proprietà dei Kochi dei terreni agricoli Hazara sono stati rilasciati loro dagli stessi dittatori direttamente coinvolti nel genocidio e le migrazioni forzate del popolo Hazara. Infatti tutti questi documenti di proprietà mostrano la partecipazione diretta dei Kochi Pashtun nei crimini e dovrebbero essere dichiarate incondizionatamente non valide.
3.Un disarmo incondizionato dovrebbe essere eseguito dai Kochi che dovrebbero unirsi al processo di disarmo come le altre persone in Afghanistan. Gli Stati Uniti e la NATO hanno più di 150000 truppe in Afghanistan e dovrebbero prendere i provvedimenti necessari riguardo al disarmo dei Kochi Pashtuns.
4.I reportage e i documenti indicano che negli anni recenti i Kochi armati sono stati coinvolti in omicidi, esodi e distruzione di case e scuole mediante incendi nonché saccheggi delle proprietà del popolo Hazara. Il governo afgano e queste persone coinvolte in tutti questi crimini dovrebbero ristabilire tutti i diritti persi dalle vittime Hazara e dare loro compensi adeguati.
5.I criminali che sono direttamente e indirettamente coinvolti negli omicidi e nei saccheggi delle proprietà dovrebbero essere identificati e perseguiti.
6.Gli spostamenti dei Kochi sono spesso usati per trasportare narcotici, armi, esplosivi e gioielli preziosi e dovrebbero essere messe sotto il controllo delle istituzioni internazionali.
7.L’insediamento dei Kochi Pashtuns non dovrebbe avvenire nei terreni degli abitanti originari e delle proprietà occupate. La sistemazione dei Kochi dovrebbe avvenire in terre aride mediante l’irrigazione dei terreni stessi come Delaram, Bakwah e Nimruz.
8.Gli ingiusti diritti applicate ai Kochi nelle elezioni e negli assetti del parlamento dovrebbero essere rimossi e dovrebbero essere dati loro diritti uguali agli altri, né più né meno.
9.I reali terroristi Kochi e Talebani dovrebbero essere identificati.
La cittadinanza dei Kochi dovrebbe essere indagata. Se sono cittadini dell’Afghanistan allora il controllo legislativo dell’Afghanistan su di loro dovrebbe essere rinforzato e se sono cittadini del Pakistan allora si dovrebbe chiedere al Pakistan di rinforzare il controllo lungo la frontiera così che non possano entrare in Afghanistan e violare i diritti di altre persone. Il governo dell’Afghanistan dovrebbe analizzare questi temi e trovare soluzioni adatte.
10.Le violazioni Kochi dei diritti di donne e bambini dovrebbero essere fermate.

martedì 3 agosto 2010

Poesia per esplorare la vita e costruire il mondo

Oggi purtroppo la gente conosce poco dell’Afganistan e pensa che sia solo un paese in cui da oltre trent’anni c’è la guerra, pensa che sia un paese primitivo, senza storia, sede di terroristi ed Alqaeda, Nessuno conosce o aiuta a riscoprire gli aspetti originali dell’antica civiltà e cultura di questo paese un tempo chiamato Khorasan. Invece basta guardare il patrimonio di monumenti come i famosi giganteschi Buddha di Bamiyan (Shamama alto 56 metri e Salsal alto 36 metri che purtroppo vennero distrutti dei Talibani), e le poesie di uno dei più grandi poeti mistici oggi amati da tutti, nato e vissuto in questo paese otto cento anni fa come HAJI MAWLANA MOHAMMAD JALALADDINI RUMI,
per scoprire e apprezzare la ricchezza della civiltà di questo paese.
La poesia e i poeti nella cultura di questo paese ha ancora oggi una grande importanza
sempre i poeti vengono ricordati e le loro poesie vengono recitati e studiate a memoria da bambini e adulti. In particolare la città di Balkh dove è nato Rumi si trova a 20 chilometri a nord est di Mazari Sharif , fu un centro antichissimo e importantissimo di scambi culturali e di ricerca spirituale, in particolare qui nasce e si diffonde la religione Zoroastiana e successivamente qui trova accoglienza anche quella Buddista. Balkh è una delle più antiche città del mondo, esisteva gia nel 2000 a.C. e la chiamavano Madre delle città, fu una delle città che resistè più a lungo alla conquista di Alessandro Magno che qui prese in sposa la principessa Roxana.
Avrei piacere che si conoscesse meglio il grande poeta mistico HAJI MAWLANA JALALADDINI RUMI, del quale da poco è stato celebrato in tutto il mondo l’ottavo centenario della nascita.
Rumi è nato il 30 settembre del 1207 nella città di Balkh a Khorasan che oggi chiamato Afghanistan, morto il 17 dicembre del 1273 a Konya nell’attuale Turchia, ma gli attuali confini non spiegano come le idee e gli uomini si potevano muovere e spostare in aree di influenza culturale molto più grandi, infatti il Khorasan comprendeva l’attuale Afghanistan, l’Iran, il Tagikistan fino alla Turchia. Rumi iniziò i suoi studi teologici presso la scuola del padre nel 1231, succedendogli come capo spirituale al momento della sua morte. Due eventi spirituali furono determinati nella vita di Rūmī. Uno fu l'incontro verso la fine di novembre del 1244, con il misterioso personaggio noto come Shams-i Tabrīz "il sole di Tabrīz"( città del Nord Est della Persia ) suo maestro spirituale che sembra sia stato uno dei quei tipici dervisci vaganti, simili per certi versi agli jurodivyj russi, un "pazzo sacro" di indiscutibile fascino. Per un anno entrambi si dedicarono interamente ad una ricerca spirituale, che destò un notevole scandalo, che portò alla scomparsa di Shams Eddin in misteriose condizioni. Questo incontro e le successive conversazioni con Shams provocarono una profonda trasformazione in Rumi che divenne un mistico e un poeta dell’amore. Negli anni seguenti, Rumi ridusse il suo interesse per lo studio e cominciò a dedicare gran parte del suo tempo alla poesia, sviluppando la pratica del samâ, dove meditazione, musica, canto e danza sufi si fondono insieme costituendo una tradizione che conta ancor oggi migliai di discepoli in tutto il mondo. A seguito della morte di Shams, Rumi ebbe un momento di particolare capacità creativa che lo portò a comporre una raccolta di poesie comprendenti ben 30mila versi. Più avanti negli anni compose un'altra raccolta di componimenti poetici suddivisa in sei libri contenente più di 40mila strofe.
Il secondo evento fu la conoscenza, a Damasco, con Ibn al-Arabi, grande mistico islamico, tra i più grandi teorizzatori della wahdat al-wujūd o "unità dell'essere". Rūmī riesce a fondere in modo perfetto l'entusiasmo inebriato di Dio di Shams-i Tabrīz, con le sottili elucubrazioni e le visioni di Ibn al-Arabi. La realtà terrena, sostiene esplicitamente Rūmī, non è che un riflesso della realtà simbolica che è la vera realtà. Rumi, uomo di profonda cultura e grande amore, era un vulcano addormentato pronto a eruttare e Shams aveva semplicemente rimosso il tappo di roccia permettendo al flusso potente della visione spirituale e dell’amore per il mondo di Rumi di esprimersi. Rumi non fu mai un poeta professionista, perché traeva la sua sussistenza dalla scuola religiosa, ma fu comunque un poeta molto prolifico e appassionato, producendo due opere principali della poesia persiana, uno è il Diwân Shams Tabrizi, «il libro di poesia di Shams Tabrizi», in onore del suo maestro spirituale, composto di 44 mila versi di poesia lirica.
L'appellativo è anche esteriormente, ben meritato, trattandosi di una raccolta di odi veramente immensa. L'altro è un poema lungo a rime baciate, forma che si chiama comunemente in persiano "Masnavī" e noto appunto come Masnawi Ma’nawi, «distici in rima su temi spirituali». È stato definito un Corano in lingua persiana, e consiste di più di 26.000 versi doppi, in sei volumi o quaderni (in Persiano"daftar cè"), ciascuno preceduto da una elegante prefazione in prosa Persiana. Un altro libro, dal curioso titolo arabo Fihi ma fihi ("c'è quel che c'è") raccoglie dichiarazioni in prosa del maestro, che non sembra aggiungere molto di importante a quel che si può sapere sulle sue idee religiose dalle sue opere poetiche. I suoi poemi sono dunque ricchi di immagini spontanee presentate in un linguaggio visuale fresco e bellissimo, marchio non solo di un abile poeta, ma anche di un maestro mistico. Per secoli le genti di lingua persiana lo hanno chiamato Mawlâna: semplicemente «maestro».
Le radici delle radici delle radici
Mentre il Diwân è ricco di poesie emotive e infuocate, il Masnawi è un libro di poesia didattica che insegna la saggezza dell’amore o, nelle parole con cui lo stesso Rumi apre il poema: «le radici delle radici delle radici di tutte le religioni». La poesia di Rumi può oggi costruire un saldo ponte tra il mondo islamico e quello occidentale, perché egli parla il linguaggio dell’amore che aiuta tutti noi ad allontanarci dalla politica dell’odio per avvicinarci alla divina compassione e comprensione che sono nei nostri cuori.
Là fuori
al di là delle idee di falso e giusto
c’è un vasto campo:
come vorrei incontrarvi là.
Quando colui che cerca raggiunge
quel campo
si stende e si rilassa:
là non esiste credere o non credere
.


Rumi dice:

Se il Cielo non fosse innamorato
il suo seno non sarebbe dolce.
Se il Sole non fosse innamorato
il suo volto non brillerebbe.
Se la Terra e le montagne
non fossero innamorate
nessuna pianta germoglierebbe
dal loro cuore.
Se il Mare non conoscesse l’amore
Se ne starebbe immobile
da qualche parte.
Se il cielo, le montagne, i fiumi e
ogni altra cosa nell’universo fossero
egoisti e avidi come l’uomo e come
lui cercassero di conquistare e accumulare
cose per sé, l’universo non
funzionerebbe. Rumi dice che è grazie
all’amore che nel mondo esistono:
bellezza, luce, movimento e
vita. Il cielo offre la pioggia; l’acqua
e la terra sono amanti senza ego e
sono loro a far crescere le piante.…

Rumi ne conclude dunque che il posto naturale per l’uomo è il proprio cuore e l’amore. I desideri egoistici senza fine e l’avidità sono cose futili in cui sprechiamo la nostra vita, perché noi siamo mortali e il mondo non è fermo, ma fluisce.
L’amore è il sentiero di Rumi per arrivare a Dio. In molte delle sue poesie Rumi si riferisce ai due stati della mente a cui i maestri sufi credono che l’amore conduca: fanâ, «estinzione », simile al nirvana dei buddisti, ovvero l’annientamento dell’ego e l’ebbrezza totale nell’amore divino; bagâ, «presenza», il dimorar con l’eterno amato.

Poesia di pace
Rumi manda il seguente messaggio a coloro che vogliono seguire il sentiero dell’amore divino:
Va’ e lava tutto l’odio dal tuo cuore
sette volte con l’acqua
Poi potrai essere nostro compagno
e bere il vino dell’amore
.

Rumi dice che: la violenza non genera una pace duratura; solo la comprensione, la compassione, la gentilezza e la condivisione possono farlo e queste sono le qualità dell’amore.
Rumi espande il dominio dell’amore dal campo delle relazioni interpersonali a quello delle fedi religiose e della pace internazionale. L’amore è più vecchio di qualunque stituzione religiosa nella storia e tutte le religioni e le tradizioni spirituali si fondano su questo obiettivo comune: l’amore. La visione di Rumi è urgentemente necessaria nel mondo diviso di questo secolo violento, perché tende ad unire tutte le religioni e le nazioni.
L’amore di cui parla Rumi ha le sue radici nella realizzazione dell’amore divino e nelle sue propagazioni nel mondo e nella vita umana. Per Rumi, l’amore è di due categorie: l’amore supremo che è Dio, la verità, il nostro amore per Dio, e l’amore derivato che è il riflesso in noi dell’amore divino, l’amore verso la creazione, quindi l’amore verso il partner, i figli, le creature viventi, l’intero cosmo. Rumi lascia intenzionalmente nell’ambiguità i confini tra queste due dimensioni dell’amore poiché crede che se davvero una persona sente amore, compassione e tenerezza verso un altro essere vivente, questo non è altro che un riflesso dell’amore divino e una guida alla realizzazione della presenza di Dio. Per spiegare questo, i sufi utilizzano una arabola: l’amore e la presenza di Dio sono come il sole, troppo potente per essere guardato direttamente, ma di cui possiamo godere il riflesso sulle acque di un lago.
In una sua nota poesia,
Rumi dice:

Nel regno del Non-visibile
esiste un legno di sandalo
che brucia.
Questo amore è il fumo
di quell’incenso


Questa poesia tocca in modo elegante un problema importante nella nostra relazione con Dio. Ci sono molte persone che rifiutano Dio perché non l’hanno mai visto. Naturalmente uno non può mai vedere Dio, così come un pesce non vede l’acqua in cui nuota. Rumi porta la nostra attenzione sui nostri sensi interiori, invitandoci ad «annusare» Dio. L’incenso, nella tradizione sufi, buddista e hindu è proprio usato per evocare in noi il senso della presenza divina.
Rumi vede l’amore come la matrice del cosmo. Uso l’espressione «matrice dell’amore cosmico» nel moderno senso scientifico. La spiegazione migliore che i fisici forniscono della forza gravitazionale non è quella di una semplice attrazione tra due corpi isolati, ma quella di una forza insita nella stessa trama dell’universo.
Il biografo di Rumi, Aflaki, riporta le parole di un prete greco ortodosso che disse: «Il maestro Rumi è come il pane. Piace a tutti». E in effetti la poesia di Rumi è un cibo spirituale delizioso, preparato con amore. Per questa ragione, a sette secoli di distanza, le dolci poesie di Rumi restano vive sulle nostre labbra in molte lingue.
Io sono la Luna, dappertutto
e in nessun luogo.
Non cercarmi al di fuori;
abito nella tua stessa vita.
Ognuno ti chiama verso di sé;
io ti invito solo dentro te stesso.
La poesia è la barca
e il suo significato è il mare.
Vieni a bordo, subito!
Lascia che io conduca questa barca!



Quando un uomo e una donna diventano uno
Ho coperto i miei occhi
con la polvere della tristezza,
finché entrambi furono un mare colmo di perle.
Tutte le lacrime che noi creature versiamo per lui
non sono lacrime,come pensano molti, ma perle.....
Mi lamento dell'anima con l'anima,
ma non per lamentarmi: dico solo le cose come stanno.
Il cuore mi dice che è angosciato per lui
ma io non posso che ridere di questi torti immaginari.
Sii giusta, tu che sei la gloria del giusto.
Tu, anima, libera dal "noi" e dall'"io",
spirito sottile in ogni uomo e donna.
Quando un uomo e una donna diventano uno,
quell'uno sei tu.
E quando quell'uno è cancellato, tu sei.
Dove sono questo "noi" e questo "io"?
A lato dell'amato.
Tu hai fatto questo "noi" e questo "io"
perché tu potessi giocare
al gioco del corteggiamento con te stesso,
affinché tutti i "tu" e gli "io" diventino un'anima sola
e infine anneghino nell'amato.
Tutto ciò è vero. Vieni!
Tu che sei la parola creatrice: Sii.
Tu, al di là di qualunque descrizione.
E' possibile per l'occhio fisico vederti?
Può il pensiero comprendere il tuo riso o la tua pena?
Dimmi, è possibile vederti?
Soltanto di cose in prestito vive questo cuore.
Il giardino d'amore è infinitamente verde
e dà molti frutti oltre alla gioia e al dolore.
L'amore è al di là di entrambe le condizioni.
Senza primavera, senza autunno, è sempre nuovo.



L’amore è sconsiderato
L'amore è sconsiderato, non così la ragione.
La ragione cerca il proprio vantaggio.
L'amore è impetuoso, brucia sé stesso, indomito.
Pure in mezzo al dolore,
l'amore avanza come una macina;
dura la sua superficie, procede diritto.
Morto all'egoismo,
rischia tutto senza chiedere niente.
Può giocarsi e perdere ogni dono elargito da Dio.
Senza motivo, Dio ci diede l'essere,
senza motivo rendiglielo.
Mettere in gioco se stessi e perdersi
è al di là di qualcunque religione.
La religione cerca grazie e favori,
ma coloro che li rischiano e li perdono
sono i favoriti di Dio:
non mettono Dio alla prova
né bussano alla porta di guadagno e perdita.



Io non sono.........
Che cosa farò, musulmani?
Non mi riconosco più.....
Io non sono né cristiano né ebreo,
né magio né musulmano.
Io non sono dell'Est né dell'Ovest,
né della terra né del mare.
Io non provengo dalla miniera della natura
né dalle stelle orbitanti.
Io non sono della terra o dell'acqua,
del vento o del fuoco.
Io non sono dell'empireo
né della polvere su questo tappeto.
Io non sono del profondo né dell'oltre.
io non sono dell'India o della Cina,
di Bulghar o di Saqsin.
Io non sono del regno dell'Iraq
né della terra del Khorasan.
Io non sono di questo mondo né dell'altro,
non del cielo né del purgatorio.
Il mio luogo è il senza luogo,
la mia traccia è la non traccia.
Non è il corpo e non è l'anima,
perché appartengo all'anima del mio amore.
Ho riposto la dualità
e visto i due mondi come uno.
Uno io cerco, Uno conosco.
Uno io vedo, Uno chiamo.
Egli è il primo, egli è l'ultimo.
Egli è l'esterno, egli è l'interno.
Non conosco che Hu, nient'altro che lui.
Ebbro della coppa d'amore,
i due mondi mi scivolano dalle mani.
Non mi occupo di nient'altro
che divertimenti e bere forte.
Se una volta nella vita ho trascorso un instante senza te,
mi pento della mia vita vita da quel momento in poi.
Se una volta in questo mondo
otterrò un istante con te,
mi metterò i due mondi sotto i piedi
e danzerò eternamente di gioia.
Oh Shams di Tabriz, sono così ebbro in
questo mondo
che salvo la baldoria e l'ebbrezza
non ho storie da raccontare.



Poesia di Rumi in Persiano:
بشـو از نی چـون حــکایت می کــنـد
از جـــدایـی ها شـکایت میکــنــد

کــز نیـستــان تـا مــرا بـبـریده انـد
در نـفـیــرم مـرد و زن نـالـیـده اند

سیـنه خواهــد شرحـه شرحـه از فـراق
تـا بـگـویـم شـرح دردِ اشــتـیاق

هـر کـسی کـو دور مانـد از اصل خویـش
باز جـویـد روزگار وصـل خـویـش

مــن به هــر جـمعـیتی نالان شـدم
جـفـت بـد حـالان و خـوش حـالان شـدم

هـر کـسی ا ز ظـن خـود شـد یار من
از درون مـن نـجـسـت اسـرار مــن

سر مـن از نالهء مـن دور نیـست
لـیـک چـشم و گــوش را آن نـور نیـسـت

تـن زجـان و جـان زتـن مسـتـور نیـسـت
لـیـک کـس را دیـد جـان دســتـور نیـسـت

آتـش اسـت این بانگ نای و نیسـت باد
هـرکـه ایـن آتـش نـدارد نیـست بـاد

آتش عـشـقـسـت کانــدر نی فــتـاد
جـوشـش عـشـق اسـت کانـدر می فـتــاد

نی حـریـف هـــرکــه از یـاری بـریـد
پـرده هـایـش پـرده هـای مـا دریــــد

هـمچـو نی زهـری و تریـاقـی کـه دیـد ؟
هـمـچـو نی دمـســازو مشــتـاقـی کـه دیـد

نی حـدیـث راه پـر خـون مـیـکــند
قــصه هـای عـشق مـجـنون میـکــند



Traduzione in Italiano
Ascoltate la canna del flauto, come si lamenta, deplorando il suo esilio dalla sua casa.
Da quando mi hanno strappato dal mio letto di vimini, Le mie note lamentose hanno portato uomini e donne fino alle lacrime.
Feci scoppiare il mio petto, per cercare di dare sfogo ai sospiri,
E per esprimere i dolori della nostalgia per la mia casa.
Chi rimane lontano dalla sua casa,
Ogni giorno prova la nostalgia del ritorno.
Il mio lamento è stato udito in ogni folla,
In un concerto assieme a quelli che gioiscono e a quelli che piangono.
Ognuno interpreta le mie note in armonia con i propri sentimenti,
Ma nessuno braccia i segreti del mio cuore.
I miei segreti non sono alieni alle mie note lamentose,
Tuttavia non sono manifesti all’occhio e all’orecchio sensuale.
Il corpo non è velato dall'anima, né l’anima dal corpo,
Tuttora,nessun uomo ha mai visto un’anima.
Questo pianto del flauto è il fuoco, non semplice aria.
Sia colui che manca di questo fuoco essere contabilizzate morto!
Questo è il fuoco dell’amore che ispira il fluto,
Questo il fermento d’amore che possiede il vino.
Il flauto è il confidente di tutti gli amanti infelici;
Sì, i suoi ceppi mettono a nudo i miei più intimi segreti.
Chi ha mai visto un veleno e un antidoto, come il flauto?
Chi ha mai visto un amchevole consolatore come il flauto?
Il flauto racconta la storia del sentiero insanguinato dell’amore,
Esso racconta la storia delle fatiche d’amore di Majnun.

mercoledì 23 giugno 2010

“Il comitato della comunità Afghana in Italia esprime con forza la propria vibrante protesta nei confronti delle atrocità di Behsood”

Manifesto rivolto alla comunità internazionale e al governo Afghano.
Oggi noi siamo qui riuniti, per informarvi della attuale situazione della società Afghana, che, purtroppo, è stata ignorata per oltre otto anni, nonostante, giorno dopo giorno, siano aumentati i crimini, le tensioni, il terrore e le violenze.
Questo anno è l’ottavo da quando i Kochi nomadi Taliban, armati fino ai denti, hanno attaccato le pacifiche regioni centrali dell’Afghanistan, abitate degli Hazara. Da allora non si è interrotto il flusso della loro violenza, che ha portato all’uccisione di numerosi abitanti della zona, al saccheggio di gran parte dei loro beni, al rogo indiscriminato di case, moschee e scuole. Mentre venivano perpetrati crimini di tale portata, le forze dell'ordine del governo di Karzai, e il contingente internazionale di pace, di stanza in Afghanistan, non hanno messo in atto alcuna misura, per impedire che venissero reiterati. Quest'anno i Kochi hanno ripreso gli attacchi, prima, nella zona di Behsood e Damirdad e, successivamente, nelle province di Nahur e di Qarbagh. Dal 15 maggio gli attacchi hanno portato nuovi morti, nuova distruzione e nuovi sfollati, che ancora non hanno una abitazione.
Il nostro popolo, durante gli ultimi anni ha cercato di reagire con tutti i mezzi, per lo più legali e civili. Sono state convocate numerose conferenze stampa per denunciare quanto stava accadendo, hanno organizzato una marcia pacifica, per rivendicare il rispetto dei propri diritti; hanno preso contatto con le autorità governative afghane e internazionali. In particolare, sono state informate delle stragi le ambasciate dei Paesi dell'Unione Europea, degli Stati Uniti e dei Paesi che sostengono economicamente il governo autoritario di Karzai.
Non solo l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'Assistenza alla Missione in Afghanistan (UNAMA), non ha ancora condannato ufficialmente i crimini nei confronti degli Hazara, ma, addirittura, mantiene fermo il proprio appoggio al governo e ai Kochi.
È giunto il momento di riconoscere nella serie ininterrotta di attacchi alla zona di Beshod un vero e proprio genocidio, che, in nome del “pashtonismo”, punta a mettere l'Afghanistan nelle sole mani dell'etnia pashton.
Un governo, come quello Karzai, in balia delle forze più estremiste, non fa che attizzare le tensioni tra le diverse etnie presenti sul suolo afghano. Gli effetti di questa politica, che fomenta la guerra civile, sono molteplici: da una parte, ferma il processo di pace, dall'altra, rallenta anche il processo di democratizzazione del Paese.
Nel mondo d’oggi è da considerarsi finita l’epoca della volontà di potenza, della discriminazione, dell'oppressione e della violenza di una tribù sull'altra. Siamo certi che nel nostro Paese nessuna etnia accetterebbe più la discriminazione e la violenza ai danni di un altro popolo.
Perciò noi un’altra volta ancora chiediamo ai Paesi che hanno assunto il compito di contribuire alla stabilità, alla sicurezza e alla pace dell’Afghanistan (in particolare UE e USA) di uscire dalla stasi. In particolare, alla Repubblica italiana, cui è stata affidato il ruolo di garante delle riforme del sistema giudiziario afghano, chiediamo di interrompere questo silenzio di morte e di condannare i colpevoli.
Durante la guerra troppe sono state le perdite di vite umane, da una parte e dall'altra, ma molti hanno continuato a sperare che la presenza in Afghanistan delle forze internazionali di pace sarebbe riuscita a evitare almeno qualche sofferenza alle popolazioni afghane.
Nonostante l'ingente impegno finanziario di molti Stati, a nostro parere, si è trascurato di studiare la realtà attuale della società Afghana; per tanto le risorse sono state spesso impiegate malamente e attualmente il rischio è quello di vedere vanificati tanti sforzi. Bisogna che si sappia che l’Afghanistan non si riassume nel cappello di Karzai: è uno stato complesso che non si sente rappresentato da forze politiche che sostengono la violenza e il traffico di stupefacenti.
In Afghanistan, oltre alle attuali forze di governo, sono presenti degli uomini di buona volontà che hanno continuato indefessamente di contribuire alla sicurezza, alla stabilità e alla pace. Purtroppo i Paesi occidentali non li hanno, finora, riconosciuti, ma è giunto il momento di coinvolgerli nella gestione della questione afghana, per dare una svolta allo stallo attuale.
L'appello alle Nazioni Unite e agli Stati presenti sul teatro afghano è quello di non lasciare che Behsood e Bamiyan diventino un’altra Qandahar e un'altra Hilmand. Il rischio è che un’altra volta ancora l’Afghanistan trasformi nella tana del terrorismo e di Alqaeda.
Noi Hazara non abbiamo alcuna ostilità nei confronti di nessuna etnia e tribù in Afghanistan; tuttavia, se i Kochi ci opprimeranno ancora, per tutelare la nostra sopravvivenza, saremo costretti a reagire, anche violentemente, nei loro confronti.
Per evitare che il conflitto dilaghi e per risolvere il problema attuale tra Kochi Taliban e Hazara, vorremmo avanzare alcune proposte:
1- Ai kochi dovrebbe essere dato un territorio, al più presto possibile, nella zona meridionale del paese.
2- Il governo Karzai dovrebbe desistere dalla politica etnica ispirata al “pashtonismo” e rispettare la giustizia sociale e l'uguaglianza tra i cittadini.
3- I ministri interni e esterni, rei di aver aiutato i Kochi Talibani ad uccidere la gente di Behsood e Daimirdad, dovrebbero dimettersi.
4- Il governo dovrebbe pagare al più presto i danni, subiti negli ultimi sette anni dalla gente di Behsood e Daimirda.
5- L’identità e il numero esatto dei Kochi, coinvolti nelle violenze dovrebbero essere individuati e resi pubblici, mediante una commissione mista, composta da tutte le etnie dell’Afghanistan e da tutte le maggiori organizzazioni internazionali presenti, affinché le autorità li assicurino alla giustizia.
6- Tutti i documenti falsi, che sono stati dati ai Kochi, durante i governi passati e presenti, dovrebbero essere annullati.
7- Tutti i territori degli Hazara, che risultino essere stati usurpati in base a documenti canonici e legali dovrebbero essere restituiti ai loro proprietari legittimi.
8- L’uccisione degli Hazara che è avvenuta nelle varie epoche dovrebbe essere registrata nella storia e punita, mediante un tribunale internazionale.
9- I kochi devono essere disarmati, come tutti gli altri cittadini, che portano armi illegali.
10- Il rappresentante dei Kochi in parlamento, per aver diffuso idee fasciste e inneggianti all'“apartheid”, dovrebbe essere processato dalla più alta corte del paese.
11- Tutti i principi affermati della conferenza di Bonn, che purtroppo fino adesso sono rimasti solo sulla carta, dovrebbero essere messi in pratica dal governo Afghano.

giovedì 17 giugno 2010

La protesta tenuta dai ragazzi Afghani “Hazara” a Milano (Italia) contro i feroci attacchi dei Kochi, nomadi Taliban, nei distretti di Behsood, Nahur







Domenica 6 giugno centinaia di ragazzi Afghani “Hazara” insieme a numerosi cittadini Italiani, membri di varie organizzazioni che si battono contro il razzismo, si sono uniti, per dare vita a una manifestazione pacifica, che si è tenuta in piazza Duca d’Aosta nei pressi della stazione centrale di Milano. Il carattere internazionale dell'evento è stato sottolineato dal fatto che i vari comunicati venivano dati da tre oratori diversi in tre lingue: Dari (Afghano-Persiano), Italiano e Inglese.
La lettura di alcuni componimenti poetici in ricordo delle vittime di Behsood ha rappresentato per tutti il momento più toccante.
In piazza Duca d'Aosta quanti hanno a cuore il rispetto dei diritti umani hanno voluto esprimere, innanzitutto, la propria solidarietà nei confronti delle vittime dei recenti attacchi nei distretti di Behsood Daimirdad e Nahur.
In oltre i manifestanti hanno inteso condannare gli spietati attacchi dei Kuchi, nomadi Talebani, ai danni di villaggi, che sono abitati in prevalenza dagli Hazara, denunciando pubblicamente il genocidio di tale gruppo etnico in Afghanistan.
Il raduno ha avuto inizio alle ore 15 ed è terminato pacificamente alle ore 18 con la lettura di una dichiarazione finale in 11 articoli, attraverso la quale si è inteso chiedere al Governo italiano di prendere in considerazione di ritirare l’appoggio diplomatico nei confronti di un governo, come quello afghano, che collabora al genocidio di una parte della sua stessa popolazione. Per tre ore si è posto l'accento sulla necessità che in Afghanistan si giunga, finalmente alla pace. Al termine della manifestazione è parso chiaro che la pacificazione passa attraverso una politica di giustizia, che esalti lo spirito di fratellanza fra le varie etnie che formano la nazione Afghana: Pashtoon, Hazara, Tajiki e Uzbeki, Indù sono stati ricordati con rispetto, assieme a tutti gli altri cittadini Afghani.
A Milano tutte le componenti, spesso litigiose, dell'Afghanistan hanno ritrovato la concordia nel condannare le crudeli azioni dei Taliban, che hanno tolto la vita a numerosi innocenti.
Vari slogan hanno bene espresso i sentimenti della piccola folla:
“Basta con la violenza!”
“Desistere dal terrore!”
“Fermiamo la guerra!”
“Alt all’uccisione degli innocenti!”
“Smettete di uccidere gli Hazara!”
“Vogliamo la pace!”
“Vogliamo giustizia!”
Anche le scritte su stendardi e striscioni (in tre lingue diverse) gridavano:
“Behsood arde sotto al fuoco! Salva Behsood! Salva l’umanità!”
“USA, NATO e ISAF interrompete il vostro silenzio in Afghanistan!”
“I Kochi attaccano, i Talibani appoggiano, Karzai solo guarda”
“I Kochi nomadi dovrebbero essere disarmati come tutti gli altri cittadini portatori d’armi illegali!”
“I Kochi dovrebbero essere collocati in un territorio particolare in base all’articolo 14 della costituzione Afghana”.
“Il nomadismo è nemico della civilizzazione!”
“Karzai non dovrebbe più appoggiare i terroristi!”
“Dialogare coni i Talibani significa ignorare i loro crimini contro i diritti umani!”

Oltre alla solidarietà alle vittime di Behsood numerosi manifestanti, infatti, hanno espresso la loro contrarietà alla nuova politica del Governo Karzai. Alla luce delle ultime stragi talebane, per loro, appare assai stridente il tentativo di Kabul di favorire l'ingresso nel governo dei Talebani, anche in nome del “dialogo di pace”.
Col ritorno al potere dei Talebani, tra l'altro, si dovrebbe aprire un dibattito sulle reali motivazioni che hanno spinto l'Isaf e la Nato a muovere guerra, proprio contro il regime talebano.
La proposta di Karzai non farebbe che evidenziare i limiti della neonata democrazia e gli errori già compiuti sulla strada della pacificazione dell’Afghanistan.
Un manifestante ha espresso il timore che i Talebani al governo possano imporre un ritorno indietro dell'Afghanistan, rispetto alle, recentemente conquistate, libertà democratiche.
A dare maggior forza alla protesta, venerdì 4 giugno, gli Hazara, che vivono nell’est degli Stati Uniti d'America, si erano radunati davanti alla sede delle Nazioni Unite a New York, per denunciare le ingiustizie in Afghanistan e il massacro degli Hazara da parte degli “amici” di Karzai.
Gli Hazara sparsi nel mondo continueranno con la loro protesta, affinché si trovi una soluzione alle stragi. Essi non cesseranno di chiedere che la comunità internazionale faccia pressione sul governo afghano affinché si decida a difendere i loro connazionali dalla minaccia dei Kochi.

















lunedì 7 giugno 2010

Gli Afghani "Hazara"in Italia uniti per protestare gli attacchi dei Kochi nomadi Talibani a Behsood, Daimirda e Nahur


I kuchi nomadi Talibani dal 15 maggio ad oggi hanno cominciato ad attaccare i villaggi hazara nella provincia di Behsud a Maidan Wardak ed ora anche a Ghazni. I kuchi sono nomadi di etnia pashton, costituistisi nel 1880 ad opera del re Abdul Rahman Khan, il quale massacrò il 65% della popolazione, operando una vera e propria pulizia etnica. Venne inoltre emanato un decreto attraverso il quale i kuchi erano autorizzati a possedere armi e ad invadere le terre abitate dagli hazara ogni qualvolta lo volessero. Secondo la strategia di Abdul Rahman Khan infatti, ciò avrebbe spinto la popolazione hazara ad abandonare l’Afghanistan definitivamente. Nonostante l’articolo 14 della Costituzione afghana attuale, il quale vieta severamente il nomadismo quale elemento di conflitto etnico, i kuchi esitono ancora ed oggi appartengono alla stessa organizzazione dei talebani, fatto provato da un video girato di nascosto in cui vengono mostrati chiaramente pickup con bandiere bianche, simbolo dei talebani. Armati di RPG-7, mitragliatrici ed altre armi moderne, a maggio i nomadi hanno attaccato Behsud, distruggendo le scuole, le case, bruciando i campi e persino i bambini, massacrando le donne e gli uomini. Ora si sono diretti verso la provincia di Nahoor. Organizzati come un vero e proprio esercito, i kuchi devono passare per zone controllate dall’esercito afghano e dalle forze internazionali, non si spiega quindi il fatto di come centinaia di uomini armati possano attraversare intere zone con il benestare di tutti quanti.Questi fatti tuttavia non rappresentano una novità. Dal 2002, infatti, ogni Primavera i kuchi si dirigono verso le terre abitate dagli hazara per saccheggiarle e sterminarne la popolazione.Tuttavia quest’anno siamo di fronte ad un fenomeno nuovo: la stanchezza e la rabbia della popolazione. In seguito a quest’ultimo attacco, infatti, si sono svolte manifestazioni di protesta non solo in Afghanistan, ma anche in Australia, Norvegia, Olanda, Svezia, Canada ed ora anche in Italia. Il silenzio del Presidente Karzai e delle forze internazionali risulta a nostro avviso preoccupante, come preoccupante è stata la risposta dell’ambasciata americana in Afghanistan, la quale ha definito questo fatto drammatico come una “disputa tra i kuchi e la popolazione hazara”. Se il massacro e l’espropriazione delle terre di una popolazione disarmata da parte di un gruppo di terroristi nomadi può essere definita disputa, allora dovremo rivedere l’intero significato delle parole. Inoltre l’indifferenza della Società internazionale e l’omertà diffusa nei media internazionali risulta a noi incomprensibile. Ridiamo il senso alle parole e chiamiamo questi accadimenti con il loro nome: genocidio e pulizia etnica. Se è dovere di ogni giornalista informare, ebbene in quest’ultimo periodo abbiamo assistito ad una sorta di negligenza da parte delle agenzie di stampa e dei media nazionali ed internazionali, per le quali, forse, un genocidio in Afghanistan non risulta abbastanza interessante. Per nove anni la popolazione afghana è stata bombardata per restituire loro la pace e la democrazia, per nove anni quasi tremila soldati delle forze internazionali sono stati uccisi ed ora secondo la Conferenza tenutasi a Londra il 28/01/2010 sarebbe opportuno dialogare con i talebani “moderati”. Per favorire il dialogo con i “moderati”, inoltre, i Paesi coivolti nel conflitto afghano, avrebbero elargito ai talebani 183 milioni di dollari. Noi chiediamo che la Società internazionale intervenga subito per evitare una futura e prevedibile guerra civile e soprattutto per evitare un’altra pulizia etnica. Per troppo tempo la popolazione afghana è stata totalmente ignorata, abbiamo quindi deciso di rompere il silenzio e ridare loro dignità, e far capire al mondo che nonastante la presenza della forza internazionale in Afghanistan, succede ancora questi crimini e violenze.

Le foto dei kochi nomadi Talibani,che hanno invaso Behsood.

Lo stile di vita dei nomadi minaccia la vita della gente locale.

Bambino Hazara in una casa distrutta dei Kochi(Nomadi talibani)

Centinaie di case sono state distrutte come questa.

Migliaie della genti di Behsood e Daimirdad sono state dislocati come loro.

I kochi Talibani sono visti sempre con degli armi pesanti

Un Kochi talibano armato di un Rocket R.P.G per sparare sui villaggi di Hazara

In molti villaggi ci sono stati uccisi tanti come lui.

sabato 29 maggio 2010

La scuola italiana e gli studenti immigrati.

Nelle scuole Italiane gli studenti immigrati possono avere diversi problemi: prima di tutto la lingua che è un problema comune ed una dei principali per tutti gli studenti stranieri. A scuola per questo si può trovare attenzione da parte degli insegnanti di lingua verso gli studenti immigrati, alcune scuole offrono dei corsi di sostegno e di recupero. Non è molto facile imparare a parlar la lingua, ma è sicuramente ancora più difficile imparare a esprimersi e a scrivere correttamente. Per fare questo devono seguire un percorso molto lungo e impegnativo, prima di tutto devono trovarsi il più presto possibile un corso d’alfabetizazione adatto. Alcuni non trovano un corso della lingua Italiana appena arrivati, o non sanno dove rivolgersi o non trovano posto nei corsi, o devono aspettare mesi prima di incominciare. Poi nascono difficoltà per far riconoscere il percorso scolastico già fatto e le proprie capacità. In questo momento sarebbe molto importante per gli studenti immigrati sapere dove incontrare persone preparate e disponibili a orientarli e informarli, ma questa possibilità non esiste, solo occasionalmente questo succede e solo per gli studenti fortunati. La mancanza generale di informazione può lasciare i ragazzi per troppo abbandonati, senza speranza e prospettiva per il futuro.
La maggior parte degli studenti immigrati che riescono a concludere con successo la scuola media in Italia preferisce andar a lavorare, perche già da subito prevedono di poter incontrare molte difficoltà durante il loro studio, o danno priorità all’aiuto economico che possono dare alla famiglia, o non riconoscono il valore dello studio per l’esperienza scolastica avuta precedentemente nel paese di origine. Quei pochi che finalmente si inseriscono nelle scuole Italiane possono trovare difficoltà ma si impegnano molto e spesso più degli italiani.
Ma purtroppo oggi ben sappiamo che la maggior parte di ragazzi adolescenti immigrati anzi quasi tutti di loro appen’arrivati in Italia non hanno molta scelta e grande possibilità per studiare e vanno subito in cerca di un lavoro per migliorare la loro condizione di vita perché vengono dei disagi e malessere. Quelli che hanno un sogno di continuare il loro studio attraverso la scuola possono conoscere la cultura del paese, ma devono comprendere le spiegazioni degli insegnanti, le regole del sistema scolastico, e questo non è sempre facile. La scuola deve essere consapevole di questa difficoltà, ma deve diventare un ambiente dove tutti, anche gli studenti stranieri possono imparare e insegnare, confrontare culture e mentalità dei propri paesi di origine.
Non tutti i ragazzi hanno avuto la possibilità di studiare nel loro paese d’origine, ma quando vengono in Italia non sono incoraggiati nello studio, come in alcuni altri paesi europei che hanno dei sistemi avanzati di servizi e protezione sociale e dove anche gli studenti stranieri vengono aiutati economicamente da parte dello stato per studiare dopo essere stati accolti in modo attento alla loro dignità e diritti umani.
Gli studenti stranieri minorenni non accompagnati, cioè quelli che vengono ospitati ed accolti nelle comunità e nei centri d’accoglienze, hanno più problemi rispetto a quelli che vivono con la famiglia, hanno meno certezze per le loro prospettive future, per i servizi sociali e le persone di riferimento.
In Italia tra gli studenti immigrati accompagnati e non accompagnati c’è una differenza grande: gli studenti che vivono con la famiglia e hanno dietro una sicurezza famigliare non hanno il problema del permesso di soggiorno o di avere un lavoro per mantenersi allo studio, mentre quelli non accompagnati che vengono accolti nelle comunità anche se vogliono studiare hanno una grande difficoltà; per loro oltre alla fatica di studiare c’è quella di rispettare le leggi Italiane sull’immigrazione, così devono cercarsi un lavoro per ottenere il permesso di soggiorno e poter stare in Italia. Queste preoccupazioni per un ragazzo adolescente di quindici e sedici anni sono pesanti, è difficile a questa età sostenere una così grande responsabilità per il proprio futuro, mentre la maggior parte dei ragazzi che hanno una sicurezza famigliare pensano solamente a divertirsi.
Oltre ai problemi dell’inserimento nella scuola, uno studente immigrato deve affrontare quelli ancora più difficili dell’inserimento nel lavoro. La scuola prevede degli stage per dare agli studenti qualche idea ed esperienza del mondo del lavoro. Un ragazzo che finisce la qualifica o la maturità di un istituto professionale e non sa se troverà un lavoro nel settore in cui è qualificato o diplomato, non tutti gli studenti possono sapere come chiedere di inserirsi nelle aziende e nel mondo del lavoro, oppure devono accettare un lavoro che non c’entra nulla con lo studio fatto, Se non ci sono altre alternative è molto importante non scoraggiarsi, ma si prova un senso di amarezza e delusione. Lo studio ha il suo valore e la sua importanza, per questo dovrebbe essere la scuola ad aiutare gli studenti ad inserirli nelle aziende e nel mondo del lavoro e aiutarli e trovarsi un lavoro.
Oggi nei tempi nostri con le nuove riforme scolastiche la scuola non è in grado di fare nulla per gli studenti per orientarli dopo la conclusione della scuola.
Sempre diventa più difficile la vita degli studenti e ogni anno le leggi sulle scuole vengono cambiate e applicate in modo molto rigoroso ed inatteso, e ovviamente gli studenti più responsabili e informati sono contrari a tutto questo e manifestano per una scuola che non crei ma risolva problemi.

lunedì 1 marzo 2010

La mia avventura a Cremona.

Cremona è una città piccola bella e ordinata, con i suoi circa ottanta mila abitanti. E’una città antica e molto famosa per i suoi violini e chitarre, ed è molto famosa anche il suo torrone che ogni anno i cittadini Cremonesi festeggiano per ben due, tre giorni. Durante il festeggiamento mettono delle bancarelle nella piazza Stradivari che è molto famosa a Cremona, e vendono i loro torroni e torroncini, in questa occasione ho lavorato anch’io l’anno scorso, ed è stata una bella esperienza e poi è stato bello anche lavorare in mezzo alla gente. Per visitare e partecipare al festeggiamento viene tanta gente anche delle altre città Italiane. Cremona è molto famosa anche per la sua storia, è una città molto antica e ricca di cultura, e infatti sono stati trovati anche degli oggetti molto antichi e interessanti che sono stati lasciati dai Romani, conquistatori e costruttori di strade, che hanno lasciato un ricordo e un segno positivo e molto importante nella storia dell’’umanità. Ancora oggi è viva la loro storia che è molto importante per la cultura e la tradizione Italiana, la studiano in tutte le scuole Italiane. La loro storia è anche riconosciuta a livello internazionale e anche negli altri paesi si ricorda e studia il patrimonio di arte e di cultura.
Cremona è una città piccola e poco industriale, non ha molte offerte per i giovani della città, questa è la cosa che le manca e che può impedir ai giovani di viverci, e soprattutto dal punto di vista lavorativo ed economico. Infatti molti giovani stranieri e anche Italiani che vivono a Cremona non riescono a trovarsi il lavoro che vorrebbero, quindi vanno nelle altre città più grandi e industriali vicine, come Milano la città multinazionale dalla moda e del design, e come Brescia forse la città più industriale della regione Lombardia, nella prospettiva di trovarsi un lavoro, cosa rara per tutti.
Cremona ha sempre un’aria aperta, infatti la maggior parte della gente è socievole e cordiale, e col passare del tempo si riesce a conquistare la loro fiducia e simpatia.
Io sono da tre anni a Cremona, parlando dalla mia esperienza, del mio percorso scolastico e della mia vita fino adesso qui, direi che sono contento d’essere qui, Cremona mi è sempre piaciuta come città, mi sono anche trovato bene con gli amici e le persone che vi ho conosciuto. Quando sono arrivato avevo siedici anni e prima sono stato per poco tempo in un’altra città parlavo pochissimo la lingua Italiana, ma ho seguito un percorso scolastico buono e positivo, prima avevo frequentato la scuola di base nel mio paese per come era possibile in un paese di guerra. Ma lo studio mi appassionava, quando sono arrivato in Italia mi sono impegnato molto per imparare la lingua con successo, e ho avuto cosi l’occasione di conoscere delle persone e dei ragazzi della mia età. Oggi per un ragazzo adolescente l’amicizia e relazionarsi credo che sia molto importante e fondamentale, e poi per un ragazzo che arriva in un paese straniero, non conoscendo la cultura e la lingua del paese non è molto facile ad abituarsi e viverci. Quando arrivi sei come un bambino appena nato, non capisci la lingua e non sai dove andare, l’incertezza d’essere accolti e la paura d’essere respinti e la stessa esperienza sconvolgente di vedere ragazzi fatti ritornare da paesi ricchi cosi detti accoglienti e democratici nei loro paesi in guerra sono delle prove e sentimenti che ti coinvolgano completamente. Quando ero nel mio paese immaginare di arrivare in Europa era una fantasia, infatti non ero sicuro che sarei arrivato in un paese come l’Italia! e in una delle sua città, a Cremona! Io dell’Italia sapevo pochissimo e nel mio paese se ne parlavano molto poco, ma solo sapevo che si trova nel grande continente Europeo, che oggi è uno dei contenenti più ricchi sotto molti aspetti. Però sapevo che ce l’avrei fatta ad arrivare in Europa,! Il sogno si era avverato ma non sapevo quanto altre prove dovevo ancora superare, sconosciute e inaspettate, ti aspetti di essere ascoltato e accettato come una persona, ma ti accorgi che il tuo destino è legato con i documenti, e quanta fatica e energia ti costerà per ottenerli e aggiornarli. Adesso in Italia per me è molto importante finire i miei studi e prendere il diploma di tecnico elettronico, attualmente sto studiando al terzo anno dell’istituto professionale Ala Ponzone Cimino(APC) di Cremona. In questa città oggi ho la possibilità di incontrare diversi ragazzi stranieri e connazionali sia a scuola si durante la giornata, di condividere con loro il percorso di inserimento di integrazione, anche i progetti per il futuro, che ognuno porta diversi: molti che hanno dietro una sicurezza famigliare pensano di migliorare e costruirsi una vita migliore nel lavoro e nella relazione sociale, amici ragazze e divertimento. Chi invece viene da un mondo di sofferenza guerra e ingiustizia deve pensare ai problemi concreti della propria vita, come mantenersi e costruirsi un mondo di relazione e mantenere vive i legami con la propria origine e propria cultura senza rinunciare ai propri sogni di adolescente. Io in particolare sogno di dimenticare il mondo di sofferenza, di guerra e ingiustizia che abbiamo lasciato, di contribuire ad un mondo di pace e migliore, di vedere finalmente anche nel nostro paese d’origine la pace e la stabilità che riportino il sorriso e la speranza al mio popolo che da trenta anni subisce le sofferenze della guerra.

martedì 16 febbraio 2010

Afghanistan: un mistero risolto.


Fin dal principio l’Afghanistan non fu mai del popolo afghano.
Per la sua particolare posizione strategica, infatti, l’Afghanistan è sempre stato al centro di un inspiegabile interesse da parte di Europa, America e Unione Sovietica. La prima nazione ad interessarsene nel 1838, fu la Gran Bretagna, ciò a causa della minaccia che l’Unione Sovietica perennemente rappresentava. Entrando in Afghanistan, infatti, essa avrebbe potuto impossessarsi delle sue colonie situate in India, Pakistan, Bangladesh e altri paesi confinanti. Le paure della Gran Bretagna erano tuttavia infondate: l’Unione Sovietica, infatti, era interessata unicamete all’Oceano Indiano quale punto strategico e per questo si avvicinava e tentava talvolta di penetrare nel territorio afghano.
Il popolo afghano non tollerò l’invasione straniera e l’Unione Sovietica di nascosto fornì di armi l’Afghanistan. La guerra terminò nel 1842 a seguito delle ingenti perdite dell’esercito inglese.
In seguito a tale guerra l’Afghanistan godette di un governo semi-autonomo controllato da Unione Sovietica e America. La popolazione poté finalmente vivere un periodo di pace, nonostante l’intrusione dei paesi stranieri nella politica interna del Paese. Sfortunatamente nel 1980 i sovietici entrarono in Afghanistan e la pace cessò.
Le potenze occidentali furono minacciate dall’invasione sovietica. Jimmy Carter, allora presidente degli Stati Uniti, affermò che l’Unione doveva pagare per quest’agressione. Gli Stati Uniti, attraverso Zbigniew Brzezinski consigliere della sicurezza nazionale americana, iniziarono a rifornire i fondamentalisti afghani (mujahidin) presenti in Pakistan di armi e denaro, affinché essi combattessero contro i sovietici. Più di 175 milioni di dollari vennero spesi a favore di tale causa. I mujahidin divvennero così i figli adottivi di Jimmy Carter, che in quanto a libertà, diritti umani e democrazia evidentemente la pensavano allo stesso modo. Brzezinski con il supporto dell’intelligence pakistano si recò a Khaibar, al confine tra Pakistan e Afghanistan, e lì creò un vero e proprio campo di addestramento per mujahedin (chiamati anche signori della guerra o letteralmente “coloro che combattono la jihad”). Questo luogo divenne da allora la “capitale dei terroristi”, lo stesso Osama Bin Laden abitò in quel luogo per 14 anni assieme a diversi esponenti della Cia.
Davvero non sfiorò neppure le loro menti il pensiero che magari questi fondamentelisti una volta sconfitti i sovietici potessero impossessarsi a loro volta del territorio, divenendo un grave pericolo per l’intera umanità?
La storia certo ne ha dato conferma. I fautori di tale sapevano, ma vi erano delle priorità e degli interessi troppo grandi per rinunciare a una simile occasione.
Se per l’opinione pubblica gli americani armati di mitra e buone intenzioni esportavano pace e democrazia, per le vittime di questo gioco al massacro era lampante che essi in realtà mentre con le mani costruivano con i piedi distruggevano.
Per più di 20 anni i signori della guerra vennero aiutati dagli americani per distruggere il loro stesso paese.
In seguito alla caduta del Governo comunista presieduto dal Dott. Najibulla avvenuta nel 1992, i mujahedin iniziarono una lotta spietata per il controllo del potere suddividendosi in fazioni a seconda delle diverse etnie a cui essi appartenevano. Combatterono tra loro trasformarono Kabul in un bagno di sangue nel quale trovarono la morte più di 60 000 civili. In questo momento davnti alla morte di migliaia di innocenti, tra cui naturalmente donne e bambini, il mondo taque fingendo di non sapere ciò che succedeva.
Dov’era in quel momento il loro desiderio di esportare pace e democrazia? Evidentemente ancora non c’era i presupposti utilitaristici per farli nascere.
Ancora una volta la situazione era a favore delle super potenze occidentali, che vedevano in un governo composto composto da mujahidin, un’occasione per controllare facilmente l’Afganistan.
Ma i mujahidin certo non volevano farsi comandare dagli americani, così quando essi si accorsero di non poter controllare la situazione cercarono qualcuno che potesse sconfiggere il nemico-amico al posto loro e questo qualcuno lo trovarono nei talebani.
I mujahidin per contrastare i talebani cercarono e trovarono il sostegno dei russi. Cambiarono così i giocatori, ma non il gioco.
Durante il regime talebano, gli americani approfittarono della debolezza in cui verteva l’Afganistan per trasformre quel paese martoriato in una fonte di guadagno. Data la sua posizione strategica infatti, esso rappresenta una zona di transito tra Turkmenistan, Kazakistan, e gli altri paesi dell’Asia Centrale offrendo la rara possibilità di sfruttare giacimenti petroliferi e di gas.
I Paesi Occidentali e le Compagnie petrolifere cominciarono così a competere tra di loro per il possesso di questi giacimenti. Due compagnie tra tutte: la UNOCAL (americana) e la BRIDAS (argentina), il cui presidente spesse volte si recò in Afganistan per dialogare con i talebani ed offrire loro soldi in cambio di un lasciapassare per il Pakistan (il petrolio, infatti, veniva prelevato dal Turkmenistan e l’Afghanistan era zona di passaggio obbligatoria per trasportare il greggio in Pakistan).
I protagonisti di questa triste vicenda, assunti dalla stessa UNOCAL per trasportare il petrolio furono:
Tom Simons ambasciatore americano in Pakistan, Charles Larson capo della marina militare nell’Oceano Pacifico, Donald Rise capo dell’aviazione militare americana durante il Governo di George Bush I, Henry Cassinger (….)e Robert Okly responsabile della succursale del reparto Asia nel ministro degli esteri americano. Preposte al dialogo con i talebani invece vi furono due donne: Robin Raphael e Laily Helms principessa afghana moglie di Roger Helms, nipote di Richard Helms ex capo della CIA.
Dal NY Daily News dell’Ottobre 2001: “talvolta la realtà è più sorpendente di qualsiasi sogno o favola: il rappresentante dei talebani in America è una donna: il suo nome è Laily Helms, afghana americana preposta all’organizzazione degli incontri tra i capi dei talebani ed i congressi,i responsabili delle Nazioni Unite e i rappresentanti dei media. E’ sorpendente inoltre il fatto che ella durante tali incontri si vesta come un uomo e non indossi alcun chador. Suo marito, Roger Helms lavora per la Chase Manhattan, una della banche più importanti al mondo…”)
Mentre ogni giorno i talebani uccidevano centinaia di uomini bambini, sparavano sulle donne per strada, e tagliavano gole in pubblico le forze internazionali taquero e nessuno ebbe niente da ridire.
Quando dopo l’11 Settembre 2001 Bush ordinò ai talebani di consegnare alla giustizia Osama Bin Laden egli si sentì la sua richiesta rifiutata, in quanto Bin Laden era un loro fratello musulmano con asilo in Afghanistan. Terminò così l’amicizia che legava i talebani agli Stati Uniti ed improvvisamente gli americani si interessarono all’esportazione della democrazia.
Quando le forze internazionali si interessarono alle sorti dell’Afghanistan diffondendo nel mondo lo slogan della pace, della giustizia e la libertà per la popolazione fu un mistero, dato il disinteresse iniziale. Tuttavia il popolo accolse gli americani come degli ospiti graditi, come dei fratelli, credendo davvero che forse le loro sorti sarebbero finalmente potute cambiare. Tutti anelavano la pace, stanchi di una guerra decennale e si fidavano ciecamente delle belle parole che venivano costantemente propinate al mondo intero.
Il governo Bush aveva bisogno di ottenere l’appoggio delle forze internazionali per attaccare l’afghanistan memore della sconfitta dell’Unione Sovietica. Bush con la scusa di voler sconfiggere il terrorismo ricevette il supporto delle forze occidentali e così ebbe inizio la sua guerra. L’Europa mandò i suoi figli a combattere e morire in una guerra ipocrita, in una guerra che era di bush e di nessun’altro.
Il 99% del territorio era nelle mani dei talebani, ma in soli 27 giorni l’esercito americano riuscì a far crollare il regime. Ora la domanda sorge spontanea: come mai ora in otto anni di guerra nessuno è riuscito ancora a sbrogliare questo nodo gordiano?
Tuttavia ciò che gli stati Uniti malauguratamente si scordarono di fare fu far terminare la guerra tra etnie, i talebani infatti erano e sono pashtun, i governati e l’attuale presidente afghano è pashtun, tutti coloro che detengono il potere in Afganistan sono pashtun, senza considerare le restanti etnie che rappresentano il 65% della popolazione. A quanto pare le forze internazionali si sono scordate di una numerosa fetta di popolazione.
Gli Stati Uniti in seguito alla sconfitta dei talebani misero a governare l’attuale presidente Karzai, seguito da una schiera poco fedele di ex signori della guerra, criminali di guerra, nonché di talebani stessi che ricoprono ora importanti posti nel governo (infatti il presidente Karzai in una conferenza stampa del 2006 si lasciò andare a dichiarazioni semplicemente sconvolgenti, suddividendo i talebani in buoni e cattivi, chiamandoli pubblicamente figli e fratelli suoi e affermando di voler contattare Mullah Omar per renderlo partecipe della “ricostruzione del paese”).
In seguito al messaggio molto chiaro di karzai, Mawlavi Wakil Ahmad Motawakil, ministro degli esteri del regime talebano , Mawlavi Abdussalam Raketi comandate dell’esercito talebano nel nord est Afghanistan e Padshah khan Zadran rappresentante dei talebani sul confine del Pakistan e molti altri estremisti sono arrivati armati di kalashnicov a Kabul per partecipare attivamente alla “ricostruzione del paese”. A loro arrivo karzai ha riservato un’accoglienza degna degli ospiti più illustri, a loro il presidente ha assegnato ciascuno una villa, dei bodyguard e svariate automobili rigorosamente con vetri antiproiettile. Attualmente essi risiedono a Kabul, liberi di organizzare attentati kamikaze, ed ogni sorta di rappresaglia.
Karzai costruì la “Commissione di Pace”, al cui capo mise Mujadadi, mullah estremista arabo-afghano, che attualmete è a capo del senato. Mujadadi si occupa contemporaneamente di consegnare mensilmente ai talebani 1000 dollari e una tessera della commissione che permette loro di viaggiare ovunque e di non avere problemi con le forze dell’ordine.
E l’America tace, nonostante Karzai sia sorvegliato costantemente da agenti della CIA e dal Governo americano stesso. E i 54 miliardi di dollari spesi per la “ricostruzione del paese” , dove sono andati a finire? E chi ridarà loro tutti questi soldi? Con che coraggio richiederanno indietro i soldi? Il debito dell’Afghanistan sale, ma di scuole, ospedali, strade e quant’altro non ve n’è traccia. Debito ed ipocrisia a parte, chi ripagherà invece le migliaia di morti innocenti? A chi è imputabile tutto ciò? E’ possibile massacrare in una missione di pace? E se la scusa dell’errore potesse realmente esser contemplata, si potrebbe credere ad una serie di errori tanto frequenti?
In Afghanistan sono attualmente presenti e coinvolti in questa “missione di pace”, gli eserciti di: Stati Uniti, Inghilterra , Italia, Canada, Australia, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Danimarca, Belgio, Svezia, Austria, Finlandia, Norvegia, Romania, Turchia, Sud Corea, Slovacchia, Lituania, Estonia, Azerbaijan, Emirati Arabi, Lussemburgo, Georgia, Islanda, Croazia, Slovenia, Grecia, Singapore, Nuova Zelanda, Repubblica Ceca, Irlanda, Ucraina, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Ungheria, Macedonia, Albania, Polonia, Portogallo, Latvia 42 Paesi coinvolti, 64 500 soldati in tutto, 15 mila talebani (secondo le fonti ufficiali quindi il numero potrebbe essere inferiore) inspiegabilmente imbattibili. Siamo davvero sicuri che questa guerra non faccia comodo a qualcuno?
Ciò che molti cominciano purtroppo solo ora a chiedersi è: per quale motivo le forze internazionali sono presenti in Afghanistan?
1)Combattere il terrorismo internazionale?
La maggior parte di questi terroristi, nonostante non se ne senta mai parlare, provangono da paesi quali: Arabia Saudita, Cecenia, Marocco, Pakistan, Egitto, Emirati Arabi e molti altri paesi arabi. Per sconfiggere questi estremisti non occorre bombardare l’Afghanistan. I kamikaze non sono tutti afghani come vogliono farci credere. Il Pakistan in particolare è pregno di luoghi in cui i terroristi imaprano l’arte del fanatismo e della guerra, ma stranamente le frontiere tra Pakistan e Afghanistan rimangono aperte, consentendo agli stessi di entrare facilmente nel paese. Questo perché molte persone di etnia pashtun vivono sul confine e nessuno si sogna di scomodarli. E’ lì che esiste persino la sede della radio shariat (letteralmente voce della legge religiosa) preposta ad impartire ordini e nozioni a terroristi e kamikaze. Perché la sede di questa radio è ancora aperta? Persino il ricercatissimo Osama Bin Laden si suppone viva tranquillamente in una villa al confine tra Pakistan e Afghanistan. I campi di addestramento dei mujahidin sono ancora aperti ed attivi, solo che ora sono occupati da talebani che rifiutano sia il governo afghano sia quello pakistano, chiamando la terra da loro occupata pashtunistan, terra dei pashtun.
2)Esportare pace libertà e democrazia?
Fare la pace con la guerra è da sempre un paradosso inspiegabile se tale motivazione viene spacciata per veritiera. Di pace non ve n’è traccia, le persone ancora escono di casa senza sapere se vi ritorneranno. E se nella capitale Kabul dove due giorni fa sei militari italiani hanno trovato la morte, è così figuratevi negli altri posti. Ogni settimana più di venti persone muoiono a Kabul in questo modo. Libertà poi in Afghanistan è ancora una parola che provoca un amaro sorriso considernado che: il ministro della cultura afghano in una conferenza stampa dichiarò democrazia e diritti umani affari dei paesi occidentali privi di valore per un paese che segue unicamente la legge islamica, un giornalista che aveva tentato di tradurre il corano in persiano venne condannato a 25 anni, un altro che in un articolo descrisse come la religione islamica violasse i diritti delle donne venne condannato prima a morte in seguito la pena fu commutata a 20 anni di prigione, così migliaia di altri esempi.
3)Cambiare la situazione delle donne?
Se ciò fosse ver allora risulta incomprensibile come sia ancora possibile che ogni giorno più di dieci donne vengano violentate ogni giorno (nel 2009 più di 35 bambine vennero violentate da esponenti del governo, una di loro aveva solo sei anni, venne violentata dal figlio di un parlamentare nella regione di Sarepul nel nord Afghanistan. L’atto rimase totalmente impunito), e che Karzai il presidente democratico abbia promulgato una legge per la quale alle donne è proibito lavorare ed uscire di casa senza il marito, per la quale è consentito lo stupro da parte del marito e la possibilità da parte di questo di privare la moglie del cibo se “disubbidiente”, che le bambine vengano vendute ad uomini anziani (nel 2006 una bambina di 11 anni venne persino venduta in cambio di un cane). Grazie a tutti voi per aver cambiato la situazione delle donne in Afghanistan, perché peggio di così non può certo diventare, nemmeno il regime talebano arrivò a tanto.
4)Fare giustizia?
Quest’anno un talebano si è candidato come presidente della repubblica, due vice di Karzai sono criminali di guerra che secondo Human Rights Watch dovrebbero ora essere in carcere e non al governo, altri invece sono ministri e parlamentari. Se l’opinione pubblica in Europa e in America venisse informata del fatto saremo ancora disposti a mandare i loro figli a morire in Afghanistan?
5)Per ricostruire l’Afghanistan?
Dopo otto anni di guerra il centro di Kabul è ancora privo di illuminazione e strade asfaltate. Nella regione di Bamyan nel 2008 più di 200 persone sono morte a causa della mancanza di ospedali. Alcune statistiche: l’80% della popolazione è perennemente in pericolo a causa della mancanza di ospedali, secondo world food program (WFP) il 10% della popolazione quest’inverno rischierà di morire di fame, il 60% degli studenti studia all’aperto, non essendoci di fatto scuole ma solo insegnanti, il 30% delle donne inoltre muore in gravidanza o durante il parto, il 15% dei bambini in assenza di vaccini vengono colpiti dalla poliomelite ed in seguito dalla paralisi. Se davvero queste forze armate fossero in Afghanistan per ricostruire il paese nessuno farebbe loro del male, ma ovunque verebbero accolti con gioia, basti considerare le parole di Gino Strada in un intervista riportata il 17/09/2009 sull’Unità: “..Quanto ai soldi della cooperazione internazionale noi non abbiamo ricevuto una lira..Emergency lavora in afghanistan da dieci anni, abbiamo curato 2 milioni e 200 mila afghani, praticamente il 10% della popolazione…Per questo a Laskhargah (nota: una delle regioni più pericolose dell’Afghanistan) non è mai stato torto un capello al nostro personale internazionale…”

Ora traete voi le conclusioni..Davvero l’unico problema in questa guerra è cambiare strategia? Prima di cambiare strategia contate i talebani al governo, contate gli 80 000 morti del 2008 di cui solo il 5% talebani e considerate le mosse dell’antidemocratico Karzai. Prima che una storia di estremismo religioso, prima che una storia di guerra perpetua la storia dell’Afghanistan è una storia di petrolio e traffici di droga. Adesso che come me conoscete la reale situazione in cui verte il paese avrete ancora il coraggio di mandare i vostri figli a morire per gli interessi economici dei soliti noti?

Basir Ahang
giornalista freelance
www.selselah.blogfa.com

sabato 13 febbraio 2010

ونیز، سرد سرد

خسته ازطلاطم مدیترانه وقایق های سرگردان

کوچه هاش مملو ازمجسمه های مدرن

فرصت را غنیمت می داند

تاقرار مرگ

اینسو عزرائیل گمنام است

هراس ازدموکراسی همه را می بلعد

ومرد ازکوله بارغمش

بادنیایی از متانت

سرود شب میخواند

باید سرود

بایدخواند وباید نوشت

دنیای بی زبانی

روزهای تلخ

گیسوانی پژمرده

فکرهای پریشان

ذهن های ناقرار

رنگ تیره یی چشمانم را میریسد

سکوت بس است

درخت ضعیف کابل دیگرسبز نخواهد بود

برخیز عزیزم

سن مارکوی بزرگ با ابوهت تمام حضور سفیران جوانی را به نظاره نشسته است

صدای آشنای همه را به خیابان اورلند میخواند

مرگ، آری مرگ

لکه های خون شعر میخواند

کودک گرسنه، فراری ازجنگ

دلم شو ر میزند بادکنک را هوا کنم وروی آن بنویسم : باغبان دربازکن من مرد گل چین نیستم.

26/12/2008 شهرونیز بصیرآهنگ. تقدیم به روح ظاهر رضایی کودک 13 ساله افغانستانی که درشهرونیز درزیر لاستیک های کامیون جان داد


Venezia è fredda

Venezia è fredda,
Stanca delle turbolenze
E delle barche vagabonde de Mediterraneo
Le sue vie piene di manichini alla moda
Calcolano con precisione il tempo che vuoto scorre via
Fino all’ultimo suo appuntamento con la nera signora
Da queste parti è sconosciuto IZRAEL
Il divino timore della democrazia inghiotte tutti
All’uomo carico del suo piccolo bagaglio pesa la sua tristezza
Ma il suo mondo è pieno di dignità
Canta, ora , l’inno della notte
Un inno dovuto
Per necessità letto
Per necessità iscritto.
L’incomunicabile mondo
Con i suoi giorni amari
I capelli appassiti
La mente agitata
I pensieri intristiti
Un colore scuro mi lega gli occhi
Basta silenzio,
I martoriati alberi di Kabul non saranno mai più verdi
Alzati mio caro!
San Marco nella sua grandezza accoglie
I giovani ambasciatori presentatisi al suo cospetto
Una voce a tutti nota invita la gente in via Orlanda
E’ la morte a parlare.
Le gocce di sangue recitano poesie
Bimbo affamato, disertore di guerra
Il mio cuore un aquilone vuol far volare
E su di esso scrivere:
giardiniere, apri le porte del tuo giardino
io non sono un ladro di fiori
Io stesso mi sono fatto rosa.



scritta Basir Ahang il 26/12/08
tradotta da Nur nel maggio 2009
In onore di Zaher Rezai, ragazzo afgano minorenne che il 10/12/08 ha perso la vita sotto un camion a Mestre tenendo di sfuggire ai controlli della polizia di frontiera al porto di Venezia.

domenica 7 febbraio 2010

Immigrazione in Italia

Oggi l’immigrazione nella nostra società ormai è un movimento globale -gli immigrati e rifugiati hanno una grande importanza nel paese in cui vanno a livello economico e politico- che si è diffuso in tutto il mondo. Si parla sempre della situazione degli immigrati e rifugiati, la maggior parte di loro vengono della povertà, dei disagi del loro paese e cercano di fuggire e uscire dalla miseria, ingiustizia, disuguaglianza, e anche per salvare la propria vita dalla guerra che purtroppo ancora oggi c’è in alcuni paesi. Loro vengono con una grande speranza per realizzare il loro sogno in cerca di un futuro migliore, un lavoro e una vita dignitosa nel paese dove si parla dalla democrazia e dalla libertà d’espressione, dalla giustizia e uguaglianza, dove sono rispettati i diritti fondamentali dell’uomo e in particolare degli immigrati, dove sono accolti i rifugiati perseguitati nel loro paese, perché lottano contro ingiustizia, violenza e magari difendono i diritti delle donne e bambini. Oggi vediamo e sappiamo che in alcuni paesi ancora non sono riconosciuti i diritti degli uomini, donne e bambini e che ci sono anche delle violenze continue e negazioni dei diritti umani. Purtroppo spesso i diritti degli immigrati e rifugiati sono negati anche nei paesi liberi e democratici dove dicono che sia nata la democrazia e il principio di rispettare i diritti umani. In certi luoghi e ambienti gli immigrati non sono accettati facilmente, per il colore della pelle, etnia o nazionalità, sono presi in giro e delle volte anche minacciati. Alcuni immigrati vivono in una situazione veramente grave e difficile, hanno bisogno di un aiuto immediato, ma non sono aiutati sempre, perché non li ascoltano, mentre sempre hanno qualche messaggio da dare e mandare a tutto il mondo. Alcuni di loro essendo maggiorenni quando arrivano in Italia non si presentano alla polizia perché sanno già che saranno rispediti nel loro paese, quindi cosi cominciano clandestinamente a lavorare in nero, ovviamente per questo sono sfruttati e pagati molto poco, e si sentono addolorati e umiliati per questo. La regolarizzazione degli immigrati sarebbe vantaggioso sia per gli immigrati clandestini che per lo stato Italiano. L’Italia è un paese con una grande cultura, tradizione e con le sue più belle e famose città come Roma, ricca di storia antica, palazzi, monumenti, piazze, e come Milano, la città dalla moda e cosmopolita, e come Venezia, la città che si è dimostrata spesso accogliente verso immigrati e rifugiati ed è la città dei turisti in mezzo all’acqua, ricca di opere d’arte, e più bella al mondo. A livello internazionale l’Italia è uno dei paesi che accoglie gli immigrati conformemente alle leggi internazionali sull’immigrazione e alla sua Costituzione, che è divisa in cento trentanove articoli il secondo dei quali conferma il principio di uguaglianza, la solidarietà politica e sociale e il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo. Nonostante tutto questo in Italia ci sono delle leggi che sono ostili agli immigrati e vengono rispettati rigorosamente nei loro confronti. Per esempio adesso i permessi di soggiorni sono difficili da ottenere e rinnovare, durano per un periodo molto breve e i procedimenti sono molto lunghi. Bisogna aspettare molto tempo per ottenerli, e si richiedono tanti documenti certificati, e bolli da pagare. Queste leggi rendono più difficili la situazione dei giovani immigrati in Italia, per questo essi manifestano e vogliono farsi sentire e mandare il loro messaggio allo stato Italiano per far sapere in che condizione vivono, con la speranza d’essere aiutati e accolti. Purtroppo non riescono sempre a farlo e si possono trovare davanti la polizia e carabinieri l'intolleranza delle persone razziste: e questo può avere come conseguenza violenza e minacce, come a Rosarno dove ci sono stati degli scontri tra Italiani e immigrati. Oggi questo non dovrebbe succedere più perché viviamo in una società dove tutti hanno la libertà di esprimersi, parlare e dire tutto cioè che si pensa. Gli immigrati quando arrivano in Italia per la prima cosa desiderano essere accolti e riconosciuti legalmente dallo stato Italiano, ottenere i documenti e trovarsi un lavoro, ma purtroppo oggi per loro è molto difficile.
Spesso gli immigrati sono anche esclusi dei certi servizi che sono pubblici, per esempio nella biblioteca statale di Cremona chi non è residente in regione Lombardia non può usare il servizio d’internet più di 5 ore mensile, e invece chi ha la residenza in regione Lombardia può usare 25 ore al mese. Questa legge fino a qualche mese fa non c’era, quindi ciò mostra che le leggi in Italia quasi ogni mese vengono cambiate e fatte rispettare rigorosamente nei confronti degli immigrati.
Prima d'arrivare in Italia,pensavo che qui gli immigrati stessero bene, non pensavo che ci fossero degli odi verso gli immigrati, non credevo che gli immigrati fossero ritenuti un problema sociale e che alcuni li ritenessero un problema per l'occupazione.